T.i.m.e Stories | Recensione

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La domanda fondamentale che ci porremo ed a cui risponderemo oggi è la seguente: è possibile ricreare un’avventura grafica – simile ad un videogame – in un gioco da tavolo?
T.I.M.E Stories risponde affermativamente a questa domanda. Prodotto dalla Space Cowboys e tradotto dalla Asterion Games in Italia, è un boardgame non convenzionale che ospita fino a 2-4 giocatori e li riporta indietro nel tempo, nel manicomio dov’è ambientata la prima ed unica storia contenuta nella scatola base. Vediamo nel dettaglio la componenstistica e le meccaniche di gioco in questa breve recensione.

I materiali

Se c’è un aspetto che salta all’occhio osservando la scatola di T.S. (abbrevio per comodità), è il suo candore immacolato che al primo impatto mi ha ricordato Portal (il videogame della Valve). D’altro canto, il minimalismo della copertina non rende affatto giustizia alla profondità del gioco. Una volta sollevato il coperchio, l’intonaco prosegue anche negli interni ed in quasi tutti i componenti di gioco, fatta eccezione per le carte ed i segnalini che grazie al cielo hanno deciso di colorare. Nel complesso non è una brutta idea rendere tutto così candido, in stile sanitario appena acquistato e nonostante non mi faccia impazzire non me la sento di giudicarlo troppo male. Sorvolando la fiera del bianco, devo ammettere che la fattura dei componenti è davvero ottima: legno, cartoncino, le carte oversized magistralmente illustrate ed i dadi personalizzati. Nulla è lasciato al caso.
L’interno della scatola contiene perfettamente tutti i materiali di gioco: ogni cosa ha il suo posto ed anche se dovessimo accidentalmente capovolgere la scatola, tutto resterebbe in ordine. Un elemento davvero unico di questo gioco è che l’interno della scatola funge anche da ‘memoria per il salvataggio del gioco’. Mi spiego: è possibile che durante una partita vogliate interromperla ma non lasciare tutto piazzato sul tavolo. Gli autori di T.S. hanno pensato bene che, posizionando i materiali di gioco usati durante una partita in determinati vani, il giocatore potesse poi recuperarli continuando la partita dall’ultima mossa. Effettivamente è un’aggiunta assai comoda che mi ha convinto e che ho utilizzato un paio di volte. Un’altra particolarità è che il mazzo di carte che vi viene fornito, contendo l’intera storia (misteri e indizi compresi), non potrà essere analizzato prima dell’inizio della partita, pena il rovinarsi l’esperienza di gioco. Per comodità, ogni ‘ambiente’ del gioco, ricreato con le carte, è comodamente coperto da carte neutre col nome del mini-mazzo di appartenenza. Ogni carta è poi numerata progressivamente sul dorso, al fine di aiutare il giocatore a riordinare il mazzo senza spoilerarsi nulla.
Detto questo procediamo con l’analisi della meccanica di gioco.

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Le meccaniche

In T.S. ogni giocatore è un agente temporale che viene sincronizzato, durante la partita, con un personaggio appartenente al passato. L’obiettivo è infatti quello di risolvere dei misteriosi casi avvenuti in periodi storici più o meno remoti, utilizzando il punto di vista ed il corpo di un essere vivente di quel periodo. I giocatori infatti, ad inizio partita, scelgono uno dei personaggi disponibili con cui sincronizzarsi temporalmente. Nella scatola base è presente un discreto set di personaggi legati alla missione “Asylum”, ambientata in un manicomio negli anni 20′. Una volta che la missione avrà inizio, tutti i giocatori avranno a disposizione un ammontare di Unità Temporali, l’orologio di gioco nonchè la durata della sincronizzazione con i personaggi del passato. Le Unità Temporali possono essere perse a causa di spiacevoli eventi o utilizzate dai giocatori per compiere azioni. All’inizio della partita, i giocatori si ritrovano dentro il primo ambiente della storia: il salotto del manicomio. Ecco come appare questo ambiente sul tabellone, una volta disposte le carte ordinatamente:

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Le carte identificano i diversi spazi su cui è possibile posizionare il proprio token personaggio durante un Unità Temporale. Se avete mai giocato a videogames Punta e Clicca, sicuramente vi sembrerà una meccanica familiare. Nell’immagine, se io mettessi il mio personaggio sulla carta dell’infermiera a sinistra, successivamente risolverei l’azione a lei assegnata (scritta sul retro della carta). Per i giocatori è dunque possibile esplorare il manicomio muovendosi in gruppo di stanza in stanza (rivelando così gli scenari con le carte), oppure soffermarsi ad interagire con gli elementi/personaggi di una singola stanza. Ovviamente, lo scopo del gioco è celato all’interno delle carte e fra gli inizi forniti da esse, quindi eviterò del tutto di farvi menzione.
Parlerò tuttavia dei modi di interagire più utilizzati dai giocatori. Si passa da test sulle caratteristiche del personaggio scelto – proprio come in un Gioco di Ruolo – a rompicapi, puzzle e interazioni puramente vocali con gli ospiti del manicomio. La cosa interessante è che spesso ci si dovrà muovere molto per capire dov’è il caso di indagare prima ma parallelamente si rischierà di perdere troppe Unità Temporali vagando di stanza in stanza senza una traccia. Qui entra in gioco il fattore puramente umano: i giocatori finiranno per confrontarsi spendendo Minuti di Tempo Reale (si, parlo del nostro sistema temporale), discutendo sulle strategie da adottare. E’ in questi momenti che escono le classiche situazioni da film d’avventura: “Ci dividiamo?”, “Io prendo lui e tu leghi lei”, “Lo sapevo che era stato lui!”, “Restiamo in gruppo per avere più speranze di vincere”, e cose così. Il tutto genera un’atmosfera di totale immersione nella storia: il giocatore che parla dell’agente temporale che si sincronizza con il personaggio del manicomio! Una struttura a matrioska impressionate, che supera qualsiasi livello ottenibile da un Gdr classico.
Infine, parlando dei finali – che non rivelerò ovviamente – ce ne sono diversi, sia che vinciate, sia che perdiate la partita. Tutto sommato, questo è un’aspetto che salva il gioco da alcune critiche che mi sento tuttavia in dovere di fare.

Considerazioni finali

Ebbene si, nonostante questo sia un titolo che ha totalmente mandato in visibilio giocatori di tutto il mondo, di critiche da fargli ce ne sono. Procediamo con ordine:

  1. I creatori del gioco hanno realizzato questo piccolo gioiello che di sicuro ha un immenso potenziale ed ha tutte le carte in regola per essere un sistema di successo per integrare videogames e gdr nel formato gioco da tavolo. Tuttavia, con il prezzo della scatola base – che ammetto comprende comunque un’ottima componentistica di valore – ci rifilano una sola storia. Ma come, si chiama Time Stories al plurale e ce ne date solo una? Ironia a parte, è incredibile come, una volta giocata per intero la storia sia praticamente inutile ripeterla di nuovo. Pur volendo cambiare giocatori attorno al tavolo, vi annoiereste a morte poichè saprete esattamente dove trovare cosa e dove andare prima. Il che può generare due problemi ugualmente fastidiosi: o rovinate la partita ai novizi oppure vi annichilirete osservando passivamente la partita. Longevità del gioco: 2. Poi, se volete spendere altri trenta euro per comprarvi un altro mazzetto avventura, siete i benvenuti ma dato il costo, personalmene me lo risparmierei. Se avete invece voglia di investire in questi mazzi d’espansione, sappiate che ce ne sono già diversi sul mercato e che dai titoli e le ambientazioni sembrano comunque interessanti. Ad un terzo del prezzo li avrei presi anch’io.
  2. Molti possono apprezzare l’intensa esperienza one-shot garantita dal set base ma non riesco a capacitarmi di come il gioco abbia spiccato il volo su BGG e sia finito al 26esimo posto in classifica. Io apprezzo la freschezza delle meccaniche e la bellezza dei materiali ma non mi sognerei mai di sopravvalutare un gioco che una volta giocato due volte ho dovuto riporre definitivamente nel dimenticatoio. Pareri soggettivi? Forse.
  3. L’eccessiva quantità di testo nelle carte, lo rende davvero uno storytelling game e il che può piacere o meno. Molti apprezzano la profondità narrativa nei giochi mentre per altri è solo una fastidiosa scocciatura dover star sempre a leggere. Se avete compagnie che non conoscono l’inglese inoltre, sarete costretti a prendere il gioco in italiano, poichè la dipendenza linguistica è totale.
  4. Gli aspetti positivi li ho già menzionati nella prima parte della recensione ma vorrei ribadire quanto, nonostante le sopracitate critiche, questo sia un gioco che chiunque dovrebbe provare almeno una volta (tranquilli, tanto basta quella!). Può essere apprezzato da diverse categorie di boardgamer e non boardgamer e probabilmente può rappresentare un buon introduttivo per avvicinare i vostri amici videogamers al mondo dei giochi da tavolo.

La recensione si chiude qui ed io vi dò appuntamento alla prossima.
Grazie per aver scelto The Boardgame.

 

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