Mystic Vale | AEG / Raven| Recensione

Giocatori: 2-4
Durata: 45 minuti
Autore: John D Clair
Casa editrice: AEG, Raven Distribution
Sinossi: Gioco di carte ad ambientazione fantasy dalla meccanica innovativa: attraverso il card crafting system i giocatori potranno personalizzare il proprio mazzo potenziando ogni singola carta attraverso l’acquisizione di poteri che verranno aggiunti alle carte di partenza.

COSA C’È NELLA SCATOLA?

– 4 set di carte base per i giocatori, ognuno costuito da 20 carte oversized di cui 9 Cursed Land, 3 Fertile Soil e 8 carte vuote. Le carte sono da inserire nelle apposite bustine trasparenti comprese nella scatola necessarie allo svolgimento del gioco. Ogni carta ha Tre slot disponibili, alcuni di questi prestampati, come nel caso delle carte Cursed Lane e Fertile Soil, così da permettere l’inserimento di nuovi poteri che andranno a riempire gli slot vuoti.

-Tre mazzi di carte avanzamento trasparenti ognuna con un potenziamento stampato in uno dei tre slot, suddivise per livelli. Sono disponibili nel mercato e vengono acquistate con i Mana. Una volta acquisite vengono inserite a scelta del giocatore in una delle carte base per potenziarne l’effetto.

– Due mazzi di carte Vale di primo e secondo livello acquistabili mediante i simboli che verranno mano a mano acquisiti con le carte avanzamento. Non si aggiungono alla mano e  conferiscono poteri permanenti, punti a fine partita o benefici one shot.

– Un mazzo di carte Fertile Soil sempre disponibili e acquistabili al costo fisso di due mana.

– Dischi mana in cartoncino, da distribuire uno per giocatore, spendibili come mana aggiuntivo per l’acquisto delle carte avanzamento

– Gettoni punti vittoria in cartoncino a forma di gemma

– Bustine trasparenti per i mazzi base dei giocatori

La componentistica del gioco ha un impatto visivo davvero d’effetto. Le illustrazioni sono molto ben realizzate, dettagliate e ricreano un’ambientazione Fantasy caratterizzata e accurata. Lo stile è fiabesco ma per niente infantile o d’altro canto barocco. Al primo colpo d’occhio si capisce subito di trovarsi davanti a qualcosa di nuovo, intrigante e molto ben articolato. Unica pecca: le carte trasparenti tendono a rovinarsi facilmente, si sbeccano sui lati così da causare il sollevamento della pellicola di rivestimento.

IL GIOCO

Il turno di gioco è articolato in quattro fasi:

1) PLANTING PHASE:

Il giocatore di turno rivela la prima carta in cima al mazzo e la aggiunge al proprio campo rispettando una procedura ben precisa: è obbligato a rivelare e aggiungere carte al proprio campo fin quando non escono tre Simboli Decadimento (in rosso). La carta rivelata che non è stata ancora aggiunta al campo non è attiva ma vale ai fini del conteggio dei simboli rossi. Il giocatore, quindi, una volta raggiunta questa condizione sceglie se fermarsi o sfidare la sorte. Continuando a rivelare carte corre il rischio di pescare un altro Simbolo Decadimento e incappare nello SPOIL (come quando a sette e mezzo si continua a chiedere carte e si finisce per sballare superando il numero). Se questo accade il giocatore salta la seconda fase del turno (Harvest phase) e procede direttamente alla Discard phase e alla preparazione del campo per il turno successivo (Prep phase). Spesso le carte, soprattutto una volta potenziate, hanno degli effetti che si attivano in questa fase.

2) HARVEST PHASE:

In questa fase il giocatore può acquistare fino a due Carte Avanzamento utilizzando il quantitativo di Mana disponibile e un massimo di due Carte Vale con i Simboli Spirito presenti nel proprio campo.

3) DISCARD PHASE:

Il giocatore a questo punto aggiunge Carte Avanzamento alle carte base del proprio campo inserendole nelle bustine in modo da riempire gli slot disponibili; non si deve sovrapporre l’immagine del nuovo potere a quella della carta base né a quella di avanzamenti aggiunti precedentemente. Si aggiungono poi le Carte Vale nell’apposita fila: queste conferiranno benefici one shot, punti a fine partita o poteri permanenti. Si svuota, dunque, il campo mettendo le carte nella pila degli scarti.

4) PREP PHASE:

Si aggiunge al campo la carta che era stata precedentemente rivelata iniziando, di fatto, una nuova Planting phase.

CONSIDERAZIONI FINALI

Gli amanti dei Deck-building non possono lasciarsi sfuggire questo titolo innovativo, primo nel suo genere ad utilizzare il Card Crafting System. Questa meccanica apre infinite possibilità garantendo longevità al gioco. È un titolo che ti vien voglia di giocare più volte per poter affinare la strategia e la capacità di creare carte ogni volta più potenti ed efficaci. Mystic Vale rende il giocatore autore del suo stesso potere. Il fattore aleatorio dato dalle carte non impedisce la pianificazione della strategia. Anche se distante dal determinismo dei giochi german, vale la pena sperimentare una meccanica così elegante e creativa. Gli amanti delle miniature saranno certamente catturati dalla magnifica ambientazione e dalla tematica seppure questa è scissa dalle regole e potrebbero non ritenersi soddisfatti della mancanza di interazione con gli altri giocatori. Un pizzico di dinamismo in più effettivamente non guasterebbe, basterebbe anche solo inserire delle creature nemiche per rendere la partita più intrigante.

Elisa “Lys”

Wargames: perchè dobbiamo giocarli

Pesanti, lunghi, interminabili, da vecchi, matematici, da guerrafondai, polverosi, inutili, graficamente brutti, aridi. Ecco tutto ció che viene detto dei Wargame e tutto ció – che in realtà – non sono affatto. Il genere ludico meno amato in Italia – specialmente dalle fasce d’età più basse – merita una riflessione aggiornata. Troppo spesso, per incapacità o mancanza di tempo, i giocatori più o meno esperti hanno detto no al Wargame, qualunque esso fosse. Vuoi per pregiudizio, vuoi per il sentito dire, in pochi si sono confrontati con un regolamento fitto, difficile e rigorosamente in inglese come quello di un Wargame. Se questo è un attegiamento comprensibile è anche vero che è in parte dettato da un’ignoranza (genuina ovviamente), che il giocatore medio fa sua. Il disinteresse, il non riuscire ad andare oltre quello che visivamente e graficamente coglie con i suoi occhi nell’osservare un Wargame, è un problema che potrebbe essere risolto con una graduale introduzione al genere, una visita guidata fra più titoli che hanno reso grande il gioco da tavolo storico e di guerra. Bisogna avere tanta umiltá e insegnanti pazienti ma è un’esperienza che premia e garantisce molte soddisfazioni.

Da dove è giusto iniziare

Ammetto che all’inizio ci si puó sentire smarriti dinnanzi alle migliaia di scatole di gioco che ci presentano nomi di battaglie e conflitti mai sentiti prima. Data dunque la mole, sarebbe saggio selezionare – in base alle nostre conoscenze storiche – i periodi storici preferiti, restringendo così l’ambito di ricerca. Fatto ció, sarebbe utile cercare i titoli più semplici e validi. In questo senso la classifica di boardgamegeek dei wargame ci aiuta, evitandoci di andare a ripescare in soffitta scatole del 68′, davvero troppo antiche seppur colme di fascino.

Prediamo come esempio un periodo storico che va per la maggiore: la seconda guerra mondiale. Indubbiamente è uno degli argomenti piú noti e affascinanti della storia contemporanea. Un wargame su questo periodo storico adatto per neofiti è di sicuro Memoir 44′, prodotto dalla Days of Wonder e progettato da Richard Borg. Il suo sistema di gioco che mescola miniature, dadi, esagoni spaziosi e carte è un ottimo mix di elementi per giocatori di ogni età. Attraverso diversi scenari che rievocano lo sbarco in Normandia, i giocatori potranno calarsi nei panni dell’Asse o degli Alleati ed applicare le proprie strategie, seppur limitate, alle battaglie.

Dopo aver sperimentato le prime basi con questo gioco, coloro i quali vorranno entrare ufficialmente nel mondo dei Wargame, dovranno fare uno sforzo maggiore, passando a giochi più impegnativi. La GMT è in questo senso una di quelle case di giochi da tavolo che permette, attraverso i suoi titoli, un graduale inserimento nell’hobby dei wargame. I suoi numerosi titoli, seppur non abbordabili spesso come prezzi, sono concepiti sia per neofiti che per giocatori esperti. Penso a titoli come Combat Commander o Twilight Struggle, Paths of Glory o la serie Coin, passando per titoli più complessi come Panzer, la serie Great Battles of History o For the People.

C’è una grande seconda scelta da fare dopo aver compiuto i primi passi nel genere: il tipo di wargame. Oltre al periodo storico ovviamente, bisognerebbe provare a scegliere e provare uno fra differenti tipi di wargame:

  • Operazionale: con mappe di gioco che coprono interi Stati o aree comprese nel conflitto e con unità navali, terrestri ed aeree. Nei giochi di questo tipo, l’attenzione è concentrata sui rifornimenti, sulla gestione di grandi armate e sulle differenti e contemporanee operazioni in atto sui diversi fronti di una guerra. Qui il conflitto non è immediato e furioso e la partita stessa risulta più ragionata e lunga, come una simulazione storica reale.
  • Strategico: qui la mappa raffigura solitamente uno stato o un continente ma agli esagoni vengono preferiti i box e connessioni lineari fra luoghi e campi di battaglia. Le unitá utilizzate sono nettamente meno e l’attenzione si focalizza sulla politica, sulla graduale conquista di capitali, roccaforti e posizioni strategiche. Solitamente assumono molta importanza le fazioni ed i generali, che aggiungono abilitá e poteri unici. Si tratta di titoli giocabili in una serata o due, che premiano la rigiocata.
  • Tattico: con piccole mappe che ritraggono porzioni di territorio delimitate, solitamente periferie di città o città stesse. Qui le unità sono viste ‘da vicino’ ed assumono importanza le Squadre di soldati, gli artificieri, i singoli carri o i cannoni da campo. Il gioco è frenetico, lo scenario sempre differente e una partita si risolve nel giro di poche ore.

È ovviamente saggio provare ognuno di questi tre tipi di gioco, per esplorare al meglio l’ambito del wargaming. Il mio consiglio è quello di cercare un gruppo di giocatori esperti ed affidarvi ai loro tutorial e spiegazioni. In Italia, il punto di riferimento per l’hobby wargamistico è il gruppo Casus Belli presente su tutto il territorio. Lo trovate anche su Facebook, dove potrete fare domande, chiedere consigli o farvi due chiacchiere con gli appassionati del gruppo.

Grazie per la lettura e al prossimo approfondimento.

Videogame da tavolo: quando la carta simula la realtà virtuale

Nella mia carriera da giocatore e creatore di giochi da tavolo mi sono spesso posto questo quesito: è possibile trasporre un videogame in un gioco da tavolo senza snaturare il primo e sovraccaricare il secondo? Le risposte in merito son state diverse e mai del tutto soddisfacenti.

Se difatti il videogame intrattiene in tempo reale il giocatore, con il joystick/tastiera & mouse come unico medium, il gioco da tavolo deve ricorrere a più strumenti per calare il giocatore nella dimensione ludica e permettergli di controllarla. Non sempre è possibile riproporre fedelmente ció che un videogame propone utilizzando solo plance, carte, dadi e segnalini. È forse anche per questo che i molteplici tentativi di portare dei videogame nel mondo dei giochi da tavolo si è risolto in un flop o al limite nella realizzazione di prodotti il cui l’unico legame col videogame si riduceva al titolo. Penso a titoli come Starcraft, Doom, Warcraft, Age of Empires 3 (versioni da tavolo). Nessuno di questi ha realmente riprodotto il videogame ma ne ha semplicemente utilizzato i personaggi, i luoghi ed il brand. È veramente colpa degli sviluppatori? O c’è un limite invalicabile alla base?

  • Proviamo a prendere un videogame famoso come Half life, il noto papá degli sparatutto in 3D che, evolvendo le caratteristiche di Quake, ha portato gli Fps ad un nuovo standard di qualità. Volendo riproporre un titolo simile, ci sarebbero ben troppi elementi da valutare:
  • La grande quantità di nemici
  • Lo spropositato quantitativo di armi disponibili
  • La necessità di molteplici ambientazioni
  • Il numero di giocatori (un fps presuppone di solito un solo giocatore a meno che non si tratti di un fps online)
  • La visione in prima persona (improponibile in versione cartacea, pena la creazione di circa 10000 carte contenenti le possibili combinazioni di luoghi/nemici)
  • Il bilanciamento dei danni delle armi in relazione alla resistenza dei nemici
  • La struttura del combattimento (a turni, simultaneo, in 3d con miniature o in 2d con le carte)
  • La durata del gioco stesso, da limitare per evitare di farlo diventare un gioco di ruolo a sessioni.

Com’è possibile ricreare un gioco simile senza operare dei tagli? Oltretutto, potrebbe anche accadere che una versione da tavolo di un simile videogioco si riveli noiosa, macchinosa e inutile a fronte dell’immediato divertimento garantito dalla versione virtuale. È dunque possibile che non ne valga davvero la pena?

Ho provato a cimentarmi nella realizzazione del gioco da tavolo di Half Life ed il risultato è stato un deck-building cooperativo a livelli incrementali di difficoltà. A qualcuno è piaciuto ma personalmente a me non ha convinto, nonostante la fatica delle ore passate su photoshop per realizzare le quasi 200 carte contenute nel gioco.

Altro grande problema di questi giochi è la licenza, spesso costosa e concessa esclusivamente a case produttrici importanti, che finiscono per dare più importanza al marchio che alle meccaniche.

Tirando le somme è dunque chiaro che il connubio fra i due universi è raramente fattibile e comporta spesso più dispendio di quanta soddisfazione riesca a regalare poi il prodotto finale. Spero di sbagliarmi e che in futuro si riesca a produrre trasposizione degne del loro nome.

Armi & Acciaio | Recensione

Se è vero che i giochi di civilizzazione possono essere appassionanti è anche vero che troppo spesso si impiegano ore ed ore per veder conclusa una partita soddisfacente. Mi riferisco a titoli classici, come il noto Civilization della Avalon Hill, che è un po’ il padre del genere. Sulla stessa linea ma con un approccio totalmente diverso c’è Through the Ages che ha rivoluzionato l’idea del gioco di civilizzazione mediante l’uso delle carte e l’eliminazione di una mappa territoriale. Sicuramente il successo di Through the Ages è in parte dovuto al classico 7 Wonders che per primo ha collegato il tema della civilizzazione alle carte, sviluppando un gioco che astrae molto dalla realtà storica ma che lascia il senso di progressione ed evoluzione della propria nazione. Se 7 Wonders tuttavia risulta troppo rapido e frenetico e Through the ages eccessivamente meccanico e lungo, occorreva rimediare con una fresca ventata di novità. A tal scopo, la DVgiochi ha avuto la brillante idea di italianizzare un titolo emerso grazie a Kickstarter: Guns & Steel (italianizzato in Armi & Acciaio, titolo che – a parer mio – nonostante la traduzione letterale stona un po’). Gioco totalmente composto da carte (zero plance, zero gettoni, pochi cubetti utilizzabili solo con una modalità avanzata di gioco), Armi & Acciaio promette un’esperienza di gioco della durata di un’oretta combinando profondità e strategia con semplicità e rigiocabilità. Ma vediamo nel dettaglio i materiali e le meccaniche come nostro solito.

I Materiali

In una scatola relativamente piccola troviamo 100 carte divise in due mazzi, un regolamento e dei cubetti in 4 colori differenti. Le carte sono di discreta fattura ma è quasi un obbligo per un titolo simile l’utilizzo di bustine protettive. Nonostante le carte non dovranno mai esser mescolate, è bene proteggerle dalle superfici dove le adagerete.
Il regolamento è piccino ma assai prolisso, colmo di esempi e illustrazioni a colori. Non lascia spazio a dubbi eccetto in un paio di aspetti che ho compreso più iniziando a giocare che cercando nel regolamento. Per il prezzo irrisorio del gioco (16,90 Eu), i materiali sono adeguati e di buona fattura. La grafica in alcuni casi lascia un po’ a desiderare: nonostante la chiarezza del layout, trovo le immagini troppo variegate e stilisticamente diverse fra loro. La copertina del gioco sembra una cartolina di quelle prese a buon mercato dai tabaccai. Ma soprassediamo sulla grafica, poichè il gioco è talmente interessante che ne potremo far a meno.

Le Meccaniche

Premettiamo che Armi & Acciaio non è un titolo introduttivo nè un secondo 7 Wonders/7 Wonders Duel. E’ chiaro che alcuni aspetti base (costo carte, piramide tecnologica, idea generale) possono ricordare i succitati titoli ma il gioco se ne discosta totalmente. Nella preparazione si andranno a disporre (a seconda del mazzo di gioco scelto: Un nuovo mondo (introduttivo)/ Rinascimento (avanzato)) le carte tecnologia in una piramide bidimensionale. In basso avremo tante carte con poteri basici/scarsi ed in alto avremo pochissime carte veramente potenti. I 5 piani della piramide rappresentano le differenti epoche dell’evoluzione umana e sono direttamente collegati ad un nuovo tipo di risorsa (cavallo, polvere da sparo, petrolio, mondo (?), spazio (?)). Ammetto che questa scelta di risorse possa sembrare alquanto strana e discutibile ma risulta funzionale allo scopo. Ad ogni ‘piano/epoca’ è associata una meraviglia, ottenibile da un giocatore a patto che sia il primo a rispettare i requisiti elencati sulla carta. Ogni giocatore, in partenza possiede un mazzo uguale a tutti gli altri, composto da 5 carte. Queste 5 carte presentano sul retro una di due risorse base: pane e acciaio con cui iniziare ad acquisire le carte della prima epoca. Inoltre sul lato frontale ogni carta fornisce una tecnologia attivabile una volta calata. Questo perchè in Armi & Acciaio le carte sono ambivalenti e fungono sia da risorsa (se giocate coperte nella fase risorse), sia come tecnologie (se giocate nella fase tecnologie). Ogni turno, i giocatori eseguono le seguenti fasi in ordine di turno:

Fase risorse: giocare una carta dalla mano sul lato risorsa e posizionarla nella propria area di gioco.
Fase tecnologie: giocare ed attivare una carta sul lato tecnologia dalla propria mano nell’area di gioco.
Fase acquisti: esaurire (girando sul lato tecnologia) le carte risorsa necessarie a prendere una carta dalla piramide (ogni carta ha un costo indicato in risorse).
Fine turno: se si possiede 0/1 carta, si riprendono in mano tutte le carte dall’area di gioco con il lato tecnologia a faccia in su e volontariamente una o tutte le carte risorsa. Se di possiedono 2 o più carte, la fase termina qui.

Preciso che nella fase acquisti, si possono acquistare anche carte appartenenti a piani superiori, pagando tuttavia una risorsa in più per ogni carta direttamente collegata (a ramo) alla carta che si desidera acquistare ( = all’inizio è impossibile). Nella fase di fine turno, vengono controllate ed eventualmente assegnate le meraviglie: se un giocatore soddisfa i requisiti di una meraviglia, la colloca nella propria area di gioco. Se più di un giocatore soddisfa le condizioni, nessuno la prende. E’ importante considerare che solamente le persone con 0/1 carta in mano potranno concorrere all’ottenimento delle meraviglie, ergo esaurire subito in proprio mazzo non è così svantaggioso. Le carte acquistate dalla piramide inoltre non vanno subito nella mano del giocatore ma rimangono sul lato tecnologia nella propria area di gioco.  Vi starete chiedendo se si fa confusione con tutte queste tecnologie per terra: per fortuna le vostre paure saranno sfatate. Difatti, le tecnologie hanno importanza solo nel momento in cui vengono attivate dalla mano a terra. Una volta a terra perdono valore e sono utili solo se un particolare tecnologia giocata successivamente le flippa trasformandole in risorse o se ne riattiva il potere. Quando le carte in mano saranno esaurite o quasi (0/1 carta in mano), tutte le tecnologie torneranno in mano (ergo anche quelle acquistate da poco) e saranno disponibili per esser utilizzate con risorsa o come tecnologia. Le carte tecnologia si suddividono in tre tipologie: civili – che solitamente aiutano a gestire le risorse o riattivare le carte tecnologia a terra – militari – utili per potenziare il proprio arsenale bellico in vista di attacchi ad altri giocatori o eventuali difese da aggressioni – ed infine tattiche – direttamente collegate alle carte militari ed utili per aggirare gli attacchi nemici o per aumentare le proprie difese nel turno altrui.

La fine del gioco è innescata nel momento in cui l’ultima carta dell’ultimo livello della piramide è stata acquistata o al raggiungimento – da parte di un giocatore – di 15 punti vittoria nella versione avanzata del gioco. Quest’ultima versione, contempla un mazzo con nuove carte più articolate di quelle base ed un metodo di ottenimento delle meraviglie differente, basato sul piazzamento di segnalini potere sulle carte meraviglia. Inoltre prevede l’utilizzo di un piccolo contapunti personale, dove registrare i PV ottenuti nel corso della partita.

Considerazioni finali

Armi & Acciaio è un piccolo gioiello portatile. Senza eccessive pretese di realismo storico, il gioco ci conduce rapidamente attraverso varie epoche del progresso umano, permettendoci di ampliare la gamma delle nostre azioni, proporzionalmente all’acquisto di nuove tecnologie. Infinite combo, randomizzazione della piramide tecnologica, due livelli di gioco (combinabili anche in un terzo), rapidità della sequenza di turno sono tutti i punti forti di questo titolo. C’è interazione diretta e possibilità di ostruzione per i giocatori più competitivi ma c’è anche un godibile ed edificante senso di progresso per i giocatori più solitari. Le pecche ci sono, è ovvio. Non si raggiunge mai la perfezione se non imparando dagli errori ed Armi & Acciaio, nel suo piccolo ne ha diversi a parer mio. La prima cosa che non amo di questo gioco è che in alcuni momenti abbiamo dinnanzi a noi una quantità esorbitante di carte e in altri momenti zero carte. Per essere un gioco di civilizzazione, qui scompare totalmente l’appagamento visivo nel vedere la propria nazione evolversi. In 7 wonders le plance si riempiono di carte, monumenti ed edifici; in Civilization si riempiono aree intere della mappa con le nostre unità; in Through the Ages lo schermo per la gestione della nostra popolazione è affollato di cubetti, carte, potenziamenti, tracciati e leaders. In Armi e Acciaio c’è poco da vedere se non un mazzo che talvolta è tutto disposto per terra e altre volte è tutto in mano. Questa è la pecca più grande a mio parere. La durata del gioco, per le prime partite è abbastanza elevata: si arriva facilmente all’oretta di gioco fra due giocatori insperti ed all’oretta e mezzo in quattro. Ovviamente questi tempi son destinati a ridursi nelle successive partite, una volta appreso il sistema di gioco e gli effetti delle carte.  L’altra pecca è la grafica, che come già detto in precedenza, risulta poco accattivante. Sull’altro versante abbiamo comunque degli ottimi motivi per acquistare questo gioco: la rigiocabilità, l’interazione, l’ottimo livello di strategia (ci sono momenti che ci si rende conto di quanto ogni aspetto e carta siano perfettamente connessi fra di loro), il prezzo, la scalabilità discreta e la dimensione della scatola, che lo rende comodo per portarlo ovunque e riporlo nella collezione senza impazzirsi a trovare spazio.

Detto ciò, penso che spetti a voi l’ultima parola. Mi auguro di esser stato abbastanza chiaro ed esaustivo nel fornirvi le mie impressioni sul gioco. Per ogni dubbio, non esitate a scrivere a The Boardgame su Facebook o qui su WordPress. Qui trovate il regolamento completo di gioco.
Grazie ed alla prossima recensione!

Foto dell’edizione inglese del gioco

Tournay | Recensione

Abbiamo già avuto modo di parlare in una precedente recensione di Troyes, edito dalla Pearl Games, un piccolo capolavoro per appassionati di German. Oggi parliamo del suo cugino minore, Tournay che a dispetto di quello che si può pensare, non è affatto la versione a carte del suo predecessore. Prodotto anch’esso dalla belga Pearl Games, è un gestionale d’ambientazione medievale per 2-4 giocatori che tiene impegnati per circa un’oretta e che regala grandi soddisfazioni. Vediamo nel dettaglio perchè e come ci ha sorpreso Tournay.

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I materiali

Nonostante la scatola sia alquanto fina, all’interno troviamo una soddisfacente quantità di materiali di gioco. Sorvolando sulla stupenda ed accattivante illustrazione presente sulla copertina (che potete ammirare qui sopra), passiamo quindi a parlare della componentistica. Due mazzi di carte formano il cuore del gioco stesso: a livello grafico sono praticamente nel medesimo stile di quelle di Troyes, a mio parere fantastiche. Considerando invece i simboli, dobbiamo tristemente ammettere che sono differenti da quelli di Troyes e di conseguenza se vi siete impazziti a decifrare e memorizzare gli effetti delle carte di Troyes, dovrete spendere lo stesso ammontare di tempo per decodificare anche i simboli delle carte di Tournay. Non capisco perchè i creatori non si siano impegnati di più nel rendere comprensibili a colpo d’occhio questi simboli. Dopotutto, il prodotto è ben realizzato e ben playtestato e soprende il fatto che non si siano interrogati sulla possibilità che il pubblico non li recepisse così facilmente. Passando oltre, troviamo dei set di meeple di diversa forma in tre colori: giallo, rosso e bianco. Questi rappresentano i cittadini e le azioni che avremo a disposizione nel turno. A differenza di Troyes non ci sono dadi da tirare ma l’alea è comunque presente a causa della pesca fortunosa delle carte. Completano i materiali: monete di cartone, gettoni danno/abitante neutro, una mini plancia che funge anche da contapunti a fine partita ed il regolamento, che lascia davvero troppo spazio a dubbi e domande.

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Il gioco

In Tournay i giocatori gareggiano nel costruire edifici ed attrarre personaggi e lavoratori nel loro quartiere della cittadina medievale. Per riuscire in questo arduo compito, avranno a disposizione due lavoratori in ognuno dei tre colori del gioco: giallo per i cittadini, rosso per i militari e bianco per il clero. Ogni turno, un giocatore può attivare uno o più cittadini dello stesso colore per compiere un’azione o pagare l’avversario per utilizzare i suoi cittadini e compiere azioni. Al centro del tavolo sono disposti in tre colonne per tre file, i mazzi di carte contenenti edifici e personaggi nei tre colori menzionati prima. Esistono mazzi di tre livelli per ogni colore: mazzo I contentente edifici/personaggi di basso costo ma con poteri limitati; il mazzo II contenente edifici/personaggi più costosi ma più forti; infine il mazzo III contenente esclusivamente edifici prestigiosi o gilde (moltiplicatori di Punti Vittoria). I giocatori utilizzeranno i loro lavoratori per pescare carte da questi mazzi e per attivarle, mentre per costruirle nella propria area di gioco utilizzeranno solo i soldi. Nello specifico in un turno tipo, il giocatore può: 1. Giocare una carta dalla mano pagandola e piazzandola nella sua area di gioco (non conta come azione); 2. Utilizzare uno o più omini di un colore per svolgere una fra queste azioni:

a) Pescare una carta: Se il giocatore spende (lo stende vicino la sua carta piazza per indicare che è esaurito) un lavoratore rosso (ad esempio), può pescare due carte dal mazzo di livello I rosso, sceglierne una e mettere l’altra scoperta in cima a quel mazzo. Altrimenti può prendere una carta scoperta in precedenza in cima al mazzo. Spendendo due omini invece che uno, può pescare dal mazzo di livello II e spendendone tre, può pescare dal mazzo di livello III.

b) Utilizzare un edificio: Il giocatore prende un lavoratore del colore corrispondente all’edificio che vuole attivare (edificio già costruito nella propria area di gioco) e lo piazza sulla carta dell’edificio. Dopodichè ne esegue il potere stendendo l’omino sulla carta.

c) Combattere un evento: Ci sono tre carte evento che minacciano la città di Tournay. Ogni carta presenta una serie di slot tondi vuoti ed un effetto nella parte inferiore. Ogni volta che viene pescata una carta Banditore da uno dei mazzetti di carte, ogni edificio riceve un gettone che indica: quante volte si attiva l’effetto sulla carta e quanti soldi in più costerà combattere quell’evento. Per combattere l’evento di solito i giocatori dovranno spendere una combinazione di soldi ed omini. Quando la carta evento viene sconfitta, va nella mano del giocatore che l’ha combattuta e diventa un Bastione. I Bastioni valgono 1 PV a fine partita e sono utili ad evitare un effetto di una carta evento se scartati.

d) Prendere soldi: Il giocatore riceve due soldi per ogni lavoratore di un colore che attiva.

e) Recuperare i propri lavoratori: Questa è l’unica azione che permette di rimettere in piedi (e quindi rendere di nuovo utilizzabili) i propri lavoratori, collocandoli nella propria piazza. Non esistono dei turni di gioco veri e propri, semplicemente quando un giocatore ha esaurito le proprie azioni/lavoratori, sarà costretto ad eseguire quest’azione per recuperarli.

Per il resto, la cosa fondamentale in Tournay è il posizionamento delle carte. I giocatori hanno a disposizione una griglia virtuale da 3×3 carte massimo che deve essere rispettata ed ogni nuova carta deve essere posizionata adiacente almeno ad un’altra carta. Questo è uno degli aspetti più strategici del gioco, poichè un buon posizionamento – specialmente delle carte personaggio che sono indirettamente attivate sotto alcune condizioni in base agli edifici ai quali sono adiacenti – permette combo vantaggiose. Il gioco termina non appena son stati costruiti due o più edifici di livello III da due o più giocatori e se almeno 3 o più carte Banditore sono uscite dai mazzi. Le condizioni incrementano con l’incrementare dei giocatori.

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Considerazioni finali

Tournay mi ha lasciato soddisfatto. Da amante di Troyes temevo che questo potesse essere semplicemente un clone a carte ma ho capito che mi sbagliavo. Tournay ha uno stile di gioco veramente diverso. Alcuni aspetti di Troyes rimangono: le carte evento che minacciano i giocatori, i colori degli edifici, la possibilità di usare i lavoratori altrui. Tolte queste piccole ‘ripetizioni’, il gioco presenta strategie totalmente nuovo. In Troyes non esisteva la possibilità di costruire edifici ad esempio: ci si insediava con il proprio omino per garantirsi l’accesso all’effetto dell’edificio. In Tournay esiste anche una buona dose di interazione legata alle carte rosse, che in alcuni casi permettono di danneggiare direttamente uno o più dei propri avversari. Il gioco inoltre premia la capacità di massimizzare gli spazi con le proprie carte e l’abilità nell’attivarle al momento giusto. Non c’è banalità ma coerenza tematica negli effetti delle carte. Ad esempio: le carte rosse permettono di combattere meglio gli eventi o rafforzare il proprio quartiere; le carte gialle, che comprendono le attività economiche, sono la principale fonte di soldi; le carte bianche invece, permettono di migliorare le nostre pescate e ottenere nuovi lavoratori. La longevità del gioco è davvero elevata considerata la cospicua quantità di carte diverse e di potenziali strategie che possono essere perseguite. La durata è giusta per la complessità media del gioco e la scalabilità è ottima: si gioca tranquillamente in due come in tre o quattro e non perde assolutamente profondità. La reperibilità attualmente è pari a zero, considerato che il gioco è fuori produzione ed il mio consiglio è di accaparrarvene una copia a buon prezzo non appena ne trovate una di seconda mano. Se amate i German e le carte non vi fanno storcere il naso, allora rimarrete piacevolmente soddisfatti da Tournay. Se cercate un titolo totalmente privo di alea, allora non prendetelo nemmeno in considerazione.
Vi ringrazio per aver letto la recensione! Alla prossima!

Oh My Goods! – Le Mie Merci! | Recensione

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Gioco di parole a parte, questo piccolo card game da 2 a 4 giocatori – edito dalla Lookout Spiele e localizzato in italiano dall’editore Uplay – nasconde in una piccola scatola del buon potenziale. Essenzialmente si tratta di un gioco di produzione e vendita di merci (ma va?), coadiuvato ad una frenetica corsa alla costruzione di impianti produttivi redditizzi ed all’assunzione di forza lavoro aggiuntiva. Se le premesse hanno catturato la vostra attenzione, procediamo all’usuale analisi dei materiali e delle meccaniche.

I Materiali

In una tascabile e pratica scatola della dimensione dei tipici card game di produzione tedesca (vedi Amigo Spiele), sono contenute ben 110 carte ed un libricino delle regole. Il tutto è ben organizzato – a patto che non si vogliano imbustare le debolucce carte – e graficamente d’impatto. La grafica è molto colorata e ben curata e la simbologia contenuta nelle carte, se è vero che all’inizio potrebbe spaventare, posso assicurarvi che risulterà molto intuitiva e pratica durante la partita. Nel complesso, visto il prezzo bassissimo del gioco, riscontro un’ottima qualità-prezzo.

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Le Meccaniche

Il gioco prevede dai due ai quattro giocatori ma mi sento di consigliare una partita in due per apprendere correttamente i vari aspetti macchinosi del gioco e per non trascinare la prima partita troppo per le lunghe. Difatti, pure essendo un piccolo giochino, Oh My Goods! non è affatto un filler nè un titolo di basso livello. Giocato in quattro potrebbe riempire quasi un’oretta della vostra serata, quindi non lasciatevi ingannare dalle apparenze, specialmente se avete calcolatrici umane e massimizzatori di profitto al tavolo. Il setup è abbastanza rapido: ogni giocatore riceve una carta impianto di produzione uguale per tutti – il Bruciatore di Carbone – che presenta combinazioni differenti di risorse necessarie alla produzione (lo vedremo dopo nel dettaglio). Poi prende una carta lavoratore, che su un lato mostra una donna e sull’altra un uomo ed infine ottiene 7 carte coperte da posizionare sul Bruciatore ed una mano iniziale di 5 carte. Tutte le carte presentano sul dorso una botte marrone, ad indicare una merce generica. Per esempio, le 7 carte posizionate sul Bruciatore, indicano il possesso di 7 unità di carbone. Ogni carta impianto di produzione, indica il valore della merce che produce, il costo in risorse per produrne un’unità ed il costo per iniziare una catena di produzione in quell’impianto. Nella parte superiore sono poi presenti il costo in soldi dell’edificio ed i PV che il giocatore guadagnerà a fine partita. La partita si svolge in turni identici, costituiti ognuno di quattro fasi principali. Nella prima fase, i giocatori possono scartare quante carte desiderano dalla mano e ripescarne altrettante. Inoltre ottengono due nuove carte dal mazzo comune. Poi, il giocatore attivo, inizia a pescare e rivelare carte dal mazzo comune, sino a quando non saranno disponibili sul tavolo due carte con il simbolo Spicchio di Sole. Quest’azione dà inizio alla seconda fase dell’Alba, in cui il mercato si apre e le merci sono disponibili a tutti. In questa fase, i giocatori devono scegliere quale edificio vogliono costruire, mettendolo coperto sul tavolo dalla mano. Devono poi scegliere in che modo lavorerà il loro unico lavoratore. Se il giocatore sceglie il lato disorganizzato del lavoratore, questo lavorerà nell’impianto a cui viene assegnato, producendo una sola merce (nella fase di produzione) ma necessiterà di una risorsa in meno fra quelle richieste per mettere in moto la produzione dell’impianto. Se viene scelto il lato organizzato, il lavoratore produrrà due merci (nella fase di produzione) ma necessiterà di tutte le risorse richieste per mettere in modo la produzione. Alla fine di questa fase, il giocatore attivo inizierà nuovamente a pescare e rivelare carte dal mazzo comune sinchè non verranno rivelati altri due Spicchi di Sole, dopodichè il mercato verrà chiuso con questa fase Tramonto. Inizia ora la fase di Produzione e costruzione. In questa fase, in ordine di gioco partendo dal primo giocatore, ognuno produrrà con il proprio lavoratore nell’impianto a cui è stato assegnato. La produzione funziona così: nella parte inferiore sinistra di quasi ogni edificio, sono presenti delle icone risorsa con una freccia che punta ad una merce. Le prime, sono le risorse necessarie al lavoratore per iniziare a produrre, che il giocatore deve ‘possedere’ virtualmente al mercato centrale (quello generato nella fase alba e tramonto) o scartare dalla mano. Ogni carta, sul lato sinistro presenta infatti una risorsa (mattone, legno, pietra, ecc.) che può esser scartata in questa fase per compensare quelle richieste dall’impianto. Un lavoratore disorganizzato, ha il beneficio di ignorare una risorsa richiesta a scelta ma produrrà nell’impianto una sola merce. Un lavoratore organizzato, necessiterà di tutte le risorse ma produrrà due merci. In relazione al numero x di merci prodotte, il giocatore attivo prenderà x carte coperte dal mazzo comune e le posizionerà sul proprio impianto, per simulare il quantitativo di merci prodotte. Ogni impianto produce un tipo di merce – mostrato nella parte inferiore della carta – ed il valore di quella merce. Ogni qual volta il giocatore necessiterà di denaro per pagare un edificio o un’assistente, potrà scartare carte merci da un’impianto per raggiungere il costo dell’edificio. Il carbone vale ad esempio un soldo per unità; i capi di bestiame valgono tre soldi per unità; le maglie valgono quattro soldi per unità, ecc. Unitamente alla produzione normale, il giocatore può illimitatamente attivare la catena di produzione di uno o più edifici che hanno prodotto merci in questo turno. Nella parte inferiore sinistra della carta impianto che ha prodotto, ci sono una o più icone risorsa/merce contornate da catene di ferro (per ricordare la catena di produzione…). Il giocatore può quindi decidere di scartare dalla mano o da un impianto  tante risorse/merci quante ne desidera o possiede. Per ogni merce/risorsa – corrispondente a quella della catena di produzione – che il giocatore scarta, egli ottiene una merce aggiuntiva dall’impianto attivato. Terminate queste azioni, se il giocatore ha programmato all’inzio del turno la costruzione di un edificio, potrà ora pagarne il costo e calarlo vicino ai suoi altri impianti/edifici. Sarà disponibile dal turno successivo per produrre merci. Inoltre, è possibile acquistare uno degli assistenti disponibili, pagando il costo e rispettando i requisiti (in tipologie di edifici costruiti) richiesti. Questo assistente è in grado di produrre una sola risorsa ma potrà esser assegnato a qualsiasi edificio.
Il gioco procede in questo modo sino a chè un giocatore non avrà calato 8 edifici. Non appena questa condizione sarà soddisfatta, ogni giocatore eseguirà un round bonus in cui potrà attivare tutti i suoi edifici produttivi, anche quelli senza lavoratori o assistenti assegnati. I giocatori poi conteranno i propri PV sommando quelli ottenuti dagli edifici/impianti, quelli ottenuti dagli assistenti ed 1 PV ogni 5 soldi posseduti in merci. Il giocatore con il totale più alto sarà decretato vincitore.

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Considerazioni finali

Come potete dedurre da voi stessi, questo non è affatto un giochino. E’ essenzialmente un gestionale ben congegnato realizzato con le carte. Penso sia un buon titolo che pur non introducendo nulla di così originale (fatta eccezione per la catena di produzione), riesce a stimolare il ragionamento quanto basta. E’ estremamente solitario e l’interazione fra i giocatori è pressochè nulla. L’aleatorietà incide moltissimo e forse molti giocatori in cerca di un gestionale tedesco non vedranno di buon occhio questo aspetto. Bisogna essere degli indovini per prevedere il randomico mercato del Tramonto, basandosi solo sulle carte del mercato dell’Alba per decidere in che impianto mandare il proprio lavoratore. La strategia è sempre a medio-breve termine, poichè pur volendo incastrare combinazioni interessanti di edifici in modo da avere una solida catena di produzione, si perderebbero troppi turni e la partita in media ne dura 8-10. Il prodotto è eccellente se consideriamo il costo (9,90 Euro) e la realizzazione grafica. Le carte purtroppo non sono di grande qualità: si ovalizzano, non sono così facili da mescolare e sono molto fine. La scatolina è pratica perchè entra in una tasca e vi permette di portar il gioco con voi e giocarlo anche al tavolino di un bar. Infine, parlando della longevità, Oh My Goods! è di sicuro un titolo che offre una buona gamma di possibilità, ergo non si esaurirà dopo le prime cinque partite. La durata è discretamente adeguata per il livello di gioco ma può aumentare spiacevolmente se giocate in quattro. Non è un titolo introduttivo, quindi non lasciatevi ingannare dai sorrisi e dai pascoli in copertina! E’ forse un po’ troppo impegnativo per chi è alle prime armi ed un po’ troppo riduttivo per un giocatore di alto livello, perciò mi sento di consigliarlo più ai giocatori di medio livello ed agli amanti di giochi di carte.

Voto: 6,5

Vi ringrazio per aver letto questa recensione e vi dò appuntamento alla prossima!

The Castles of Burgundy – il gioco di carte | Recensione

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Ebbene si, cari appassionati dell’arcinoto Stefan Feld e dei titoli prodotti dalla Alea/Ravensburger. E’ di recente uscita  (2016) la versione card-game di uno dei più famosi ed importanti titoli german: The Castles of Burgundy. Nonostante il gioco da tavolo offra già di suo un’esperienza di gioco pressochè illimitata ed un altissimo livello di sfida, il mercato non ha esitato davanti alla possibilità di smembrarlo e riassemblarlo su un supporto esclusivamente cartaceo che ha il vantaggio di essere pratico ed economico. Ma in quanto a novità, il gioco varia poco dal suo antenato. Questo può essere un bene per chi cerca la stessa esperienza del gioco da tavolo ma potrebbe far storcere il naso a chi si aspettava qualcosa di differente. Spesso le versioni card game di titoli solidi finiscono per essere dei mostri abominevoli, infangando il nome che portano. E’ il caso della versione card game di Ticket to ride – come di molti altri – che utilizza un brand per vendere un prodotto scadente, che i fan acquistano speranzosi solo per via del nome. Ma torniamo al nostro Burgundy e vediamo nel dettaglio le meccaniche ed i materiali contenuti nella piccola scatola tascabile.

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I materiali

Carte, carte ed ancora carte. 240 per essere esatti. Piccole e debolucce, della dimensione delle carte treno di Ticket to Ride. Un regolamento realizzato con il solito layout della Alea (ovvero con il corpo del testo contenente tutte le regole e la colonnina laterale contenente i riferimenti rapidi per rispolverare il gioco) e nulla più. Beh, dopotutto se è un card game, cosa ci si dovrebbe aspettare se non carte? Alcuni potrebbero tuttavia interrogarsi sull’assenza di un componente fondamentale: il dado. Ebbene, non ci sono assolutamente dadi nella scatola, spiacente. I dadi che comandano le azioni del classico Burgundy, vengono qui sostituiti con le carte. Lo so, anche io ho storto il naso. Vediamo come funzionano le meccaniche di gioco.

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Le meccaniche

Prima cosa, assicuratevi di avere abbastanza spazio sul tavolo. Nonostante le carte siano piccole, esse tendono ad occupare anche più spazio di quanto ne occupi Burgundy da tavolo. E’ qui che sinceramente mi son posto l’interrogativo fondamentale: ma il gioco di carte, nasce per essere pratico, portatile e facile da calare o per quale altro malato motivo? Soprassediamo per ora. Eseguito il setup del gioco (si può giocare da 1 a 4 giocatori) ogni giocatore avrà un campo virtuale (tradotto: immaginato nella sua mente), un ammontare di carte lavoratore in base al posto nell’ordine di gioco, una carta animale presa a caso, una carta minerale, una merce ed un mazzetto di 6 carte azione. Sul tavolo verranno piazzate le 6 carte dado a formare un display: ogni carta dado mostra un numero da 1 a 6 e viene messa ordinatamente in fila. E’ qui che verranno posizionate – in base al numero dei giocatori – le carte acquistabili. Ogni turno, il giocatore attivo gioca dalla mano una carta azione. Questa carta presenta due sezioni principali. In alto, c’è un risultato di dado mentre in basso c’è un tipo di edificio/terreno che ignoreremo. Quando un giocatore gioca la carta/dado selezionata dalla sua mano, può eseguire diverse azioni: può recuperare dal display una delle carte acquistabili, a patto che essa sia affiancata al risultato di dado corrispondente a quello giocato dal giocatore. Ad esempio: Mario gioca una carta che mostra un 3 e recupera dal display la carta vicina alla carta dado 3. Dopo, la posiziona fra i suoi progetti (può avere max. tre progetti attivi). Un’altra azione disponibile è quella di prendere uno dei progetti e costruirlo. Per fare questo, il giocatore gioca come al solito un risultato di dado dalla mano che deve corrispondere al risultato di dado presente in alto ad una delle sue carte nell’area progetti. Fatto questo, costruisce l’edificio/terreno e ne ottiene i benefici immediatamente ed i PV sottostanti a fine partita. Un giocatore può anche scartare una carta dalla mano per rimpinguare i suoi lavoratori/modificatori del dado o per ottenere 1 minerale. Può inoltre scartare un numero di carte lavoratore e minerale a piacere, dividerle per 3 e ottenere quell’ammontare in PV. Un giocatore può anche vendere una delle sue merci disponibili scartando un risultato del dado dalla mano corrispondente ad uno dei valori presenti sulla carta merce. Poi ottiene un minerale e la merce diventa 1 PV. Infine, in qualsiasi momento, una volta per turno, il giocatore attivo può scartare tre minerali per pescare dal mazzo comune tre carte azione ed utilizzarne una come progetto futuro, risultato del dado o per scartarla ed ottenere argento o lavoratori.
L’obiettivo comune a tutti i giocatori è quello di realizzare dei tris di edifici/terreni dello stesso colore prima degli altri, per ricevere le carte PV bonus. Il gioco dura per 5 fasi – dalla A alla E – ed in ogni fase i giocatori utilizzeranno tutte e sei le loro carte azione. Alla fine del gioco, sommati i PV ottenuti durante la partita, verrà decretato il vincitore.

Considerazioni finali

Prima le cose brutte o prima quelle belle? Nel dubbio, iniziamo da quelle brutte. Rispetto al predecessore, questo cardgame pecca principalmente nel suo essere la copia meno accattivante. A livello grafico ad esempio, con delle carte minuscole che per quanto funzionali, trovo poco intuitive. A livello di meccaniche: se difatti nella versione da tavolo c’è molta più strategia nel posizionare sulla propria scheda le tessere esagonali, qui si tratta esclusivamente di fare dei tris colorati, in qualsiasi ordine si voglia. La fortuna è mitigata come nell’originale dai lavoratori/modificatori del dado ma mentre nel predecessore la varietà delle tessere viene determinata dal numero di giocatori e dai simboli sulla plancia, qui la randomicità delle carte che riempiono il display (che se non mescolate bene possono bloccare molto la strategia) fa saltare i nervi talvolta. Come già detto inoltre, lo spazio che occupa il gioco è persino maggiore della sua versione da tavolo e perciò non si colloca fra i filler giocabili sul tavolino di un bar, quanto piuttosto fra i giochi da un’oretta e mezzo che richiedono un discreto setup. Considerato anche che non è un titolo così rapido da spiegare, sopratutto per via dei differenti effetti delle carte azione, non è per nulla consigliato a chi cerca una versione ‘leggera’ di Burgundy. Se dovessi scegliere se proporre la versione da tavolo o quella di carte, opterei sempre per la prima. A che serve quindi acquistare questa versione card game? A NULL…ahem, una sua funzione utile ce l’ha. E’ un ottimo e per nulla semplice solitario. Il gioco difatti propone delle regole per sfidare un Bot di nome Aaron che ho rinominato Mario, lo sfidante del Solitario. Aaron (o Mario se vi sembra più umano) riceve 5 mazzetti random di carte azione che ogni Fase si trasformeranno nei suoi edifici/terreni costruiti. Peccato che ogni mazzo sia costituito da sempre più carte! 3 nella prima fase, 4 nella seconda e così via, sino alle 7 carte della quinta Fase E. Ad ogni fine fase, dovrete confrontare i vostri PV con quelli di MarioAaron. Dato che quest’ultimo ama vincere facile mentre voi dovrete sudare come se giocaste in una sauna, finirete per ricominciare più volte la partita nel tentativo di batterlo. Ecco perchè – se amate i solitari e ne volete uno di buon livello – dovreste acquistare The Castles of Burgundy Card Game. E’ l’unico motivo per farlo. Altrimenti, ve lo consiglio con tutto il cuore, spendete un po’ di più e compratevi la versione da tavolo. Non ve ne pentirete affatto.
Come sempre, vi ringrazio per aver scelto The Boardgame.
Alla prossima recensione!

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