The Castles of Burgundy – il gioco di carte | Recensione

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Ebbene si, cari appassionati dell’arcinoto Stefan Feld e dei titoli prodotti dalla Alea/Ravensburger. E’ di recente uscita  (2016) la versione card-game di uno dei più famosi ed importanti titoli german: The Castles of Burgundy. Nonostante il gioco da tavolo offra già di suo un’esperienza di gioco pressochè illimitata ed un altissimo livello di sfida, il mercato non ha esitato davanti alla possibilità di smembrarlo e riassemblarlo su un supporto esclusivamente cartaceo che ha il vantaggio di essere pratico ed economico. Ma in quanto a novità, il gioco varia poco dal suo antenato. Questo può essere un bene per chi cerca la stessa esperienza del gioco da tavolo ma potrebbe far storcere il naso a chi si aspettava qualcosa di differente. Spesso le versioni card game di titoli solidi finiscono per essere dei mostri abominevoli, infangando il nome che portano. E’ il caso della versione card game di Ticket to ride – come di molti altri – che utilizza un brand per vendere un prodotto scadente, che i fan acquistano speranzosi solo per via del nome. Ma torniamo al nostro Burgundy e vediamo nel dettaglio le meccaniche ed i materiali contenuti nella piccola scatola tascabile.

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I materiali

Carte, carte ed ancora carte. 240 per essere esatti. Piccole e debolucce, della dimensione delle carte treno di Ticket to Ride. Un regolamento realizzato con il solito layout della Alea (ovvero con il corpo del testo contenente tutte le regole e la colonnina laterale contenente i riferimenti rapidi per rispolverare il gioco) e nulla più. Beh, dopotutto se è un card game, cosa ci si dovrebbe aspettare se non carte? Alcuni potrebbero tuttavia interrogarsi sull’assenza di un componente fondamentale: il dado. Ebbene, non ci sono assolutamente dadi nella scatola, spiacente. I dadi che comandano le azioni del classico Burgundy, vengono qui sostituiti con le carte. Lo so, anche io ho storto il naso. Vediamo come funzionano le meccaniche di gioco.

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Le meccaniche

Prima cosa, assicuratevi di avere abbastanza spazio sul tavolo. Nonostante le carte siano piccole, esse tendono ad occupare anche più spazio di quanto ne occupi Burgundy da tavolo. E’ qui che sinceramente mi son posto l’interrogativo fondamentale: ma il gioco di carte, nasce per essere pratico, portatile e facile da calare o per quale altro malato motivo? Soprassediamo per ora. Eseguito il setup del gioco (si può giocare da 1 a 4 giocatori) ogni giocatore avrà un campo virtuale (tradotto: immaginato nella sua mente), un ammontare di carte lavoratore in base al posto nell’ordine di gioco, una carta animale presa a caso, una carta minerale, una merce ed un mazzetto di 6 carte azione. Sul tavolo verranno piazzate le 6 carte dado a formare un display: ogni carta dado mostra un numero da 1 a 6 e viene messa ordinatamente in fila. E’ qui che verranno posizionate – in base al numero dei giocatori – le carte acquistabili. Ogni turno, il giocatore attivo gioca dalla mano una carta azione. Questa carta presenta due sezioni principali. In alto, c’è un risultato di dado mentre in basso c’è un tipo di edificio/terreno che ignoreremo. Quando un giocatore gioca la carta/dado selezionata dalla sua mano, può eseguire diverse azioni: può recuperare dal display una delle carte acquistabili, a patto che essa sia affiancata al risultato di dado corrispondente a quello giocato dal giocatore. Ad esempio: Mario gioca una carta che mostra un 3 e recupera dal display la carta vicina alla carta dado 3. Dopo, la posiziona fra i suoi progetti (può avere max. tre progetti attivi). Un’altra azione disponibile è quella di prendere uno dei progetti e costruirlo. Per fare questo, il giocatore gioca come al solito un risultato di dado dalla mano che deve corrispondere al risultato di dado presente in alto ad una delle sue carte nell’area progetti. Fatto questo, costruisce l’edificio/terreno e ne ottiene i benefici immediatamente ed i PV sottostanti a fine partita. Un giocatore può anche scartare una carta dalla mano per rimpinguare i suoi lavoratori/modificatori del dado o per ottenere 1 minerale. Può inoltre scartare un numero di carte lavoratore e minerale a piacere, dividerle per 3 e ottenere quell’ammontare in PV. Un giocatore può anche vendere una delle sue merci disponibili scartando un risultato del dado dalla mano corrispondente ad uno dei valori presenti sulla carta merce. Poi ottiene un minerale e la merce diventa 1 PV. Infine, in qualsiasi momento, una volta per turno, il giocatore attivo può scartare tre minerali per pescare dal mazzo comune tre carte azione ed utilizzarne una come progetto futuro, risultato del dado o per scartarla ed ottenere argento o lavoratori.
L’obiettivo comune a tutti i giocatori è quello di realizzare dei tris di edifici/terreni dello stesso colore prima degli altri, per ricevere le carte PV bonus. Il gioco dura per 5 fasi – dalla A alla E – ed in ogni fase i giocatori utilizzeranno tutte e sei le loro carte azione. Alla fine del gioco, sommati i PV ottenuti durante la partita, verrà decretato il vincitore.

Considerazioni finali

Prima le cose brutte o prima quelle belle? Nel dubbio, iniziamo da quelle brutte. Rispetto al predecessore, questo cardgame pecca principalmente nel suo essere la copia meno accattivante. A livello grafico ad esempio, con delle carte minuscole che per quanto funzionali, trovo poco intuitive. A livello di meccaniche: se difatti nella versione da tavolo c’è molta più strategia nel posizionare sulla propria scheda le tessere esagonali, qui si tratta esclusivamente di fare dei tris colorati, in qualsiasi ordine si voglia. La fortuna è mitigata come nell’originale dai lavoratori/modificatori del dado ma mentre nel predecessore la varietà delle tessere viene determinata dal numero di giocatori e dai simboli sulla plancia, qui la randomicità delle carte che riempiono il display (che se non mescolate bene possono bloccare molto la strategia) fa saltare i nervi talvolta. Come già detto inoltre, lo spazio che occupa il gioco è persino maggiore della sua versione da tavolo e perciò non si colloca fra i filler giocabili sul tavolino di un bar, quanto piuttosto fra i giochi da un’oretta e mezzo che richiedono un discreto setup. Considerato anche che non è un titolo così rapido da spiegare, sopratutto per via dei differenti effetti delle carte azione, non è per nulla consigliato a chi cerca una versione ‘leggera’ di Burgundy. Se dovessi scegliere se proporre la versione da tavolo o quella di carte, opterei sempre per la prima. A che serve quindi acquistare questa versione card game? A NULL…ahem, una sua funzione utile ce l’ha. E’ un ottimo e per nulla semplice solitario. Il gioco difatti propone delle regole per sfidare un Bot di nome Aaron che ho rinominato Mario, lo sfidante del Solitario. Aaron (o Mario se vi sembra più umano) riceve 5 mazzetti random di carte azione che ogni Fase si trasformeranno nei suoi edifici/terreni costruiti. Peccato che ogni mazzo sia costituito da sempre più carte! 3 nella prima fase, 4 nella seconda e così via, sino alle 7 carte della quinta Fase E. Ad ogni fine fase, dovrete confrontare i vostri PV con quelli di MarioAaron. Dato che quest’ultimo ama vincere facile mentre voi dovrete sudare come se giocaste in una sauna, finirete per ricominciare più volte la partita nel tentativo di batterlo. Ecco perchè – se amate i solitari e ne volete uno di buon livello – dovreste acquistare The Castles of Burgundy Card Game. E’ l’unico motivo per farlo. Altrimenti, ve lo consiglio con tutto il cuore, spendete un po’ di più e compratevi la versione da tavolo. Non ve ne pentirete affatto.
Come sempre, vi ringrazio per aver scelto The Boardgame.
Alla prossima recensione!

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