La Festa per Odino| Recensione

Il 2016 è stato di sicuro un anno molto prolifico nel settore dei boardgames. Lo testimonia la grande quantità di titoli prodotti e le notevoli innovazioni operate dagli autori e dai produttori in questo campo. Il 2016 è anche l’anno in cui è stato prodotto La Festa per Odino, ideato dal genio di Uwe Rosenberg, già noto per titoli come Agricola e Le Havre. Il gioco è stato magistralmente localizzato in Italiano dalla Cranio Creations, che sebbene sia dovuta intervenire poco sul gioco (in quanto è praticamente quasi indipendente da lingua), ha dovuto lavorare sulla traduzione dei ben tre manuali di gioco, corposi e fitti. Salterò per questa volta la sezione dei materiali, sintentizzandoli così: sono una quintalata e sono tutti di ottima fattura e stupendi, come la scatola e la grafica generale del gioco. Vi avviso: ricavate il prima possibile lo spazio necessario ad ospitare questa scatola over-sized nella vostra collezione, perchè a fine recensione non credo resisterete alla tentazione di acquistarla.

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Il gioco

Come la maggior parte dei titoli di Rosenberg, anche La Festa per Odino non si presenta come un gioco semplice da apprendere e da padroneggiare. L’elemento spiazzante sono di sicuro le oltre 60 azioni possibili e la quantità di materiali presenti nella scatola. Apparecchiare il banchetto per il dio Odino richiede il suo tempo e la giusta dedizione ma il risultato è davvero sbalorditivo. Ogni giocatore riceve una plancia dove sono presenti diversi elementi di gioco: la piazza, dove sono presenti i lavoratori/vichinghi disponibili per il turno in corso; il banchetto, dove a fine turno dovrà collocare i cibi per sfamare i suoi affamati guerrieri; il molo, dove verranno collocate le navi vichinghe acquisite durante il gioco ed infine l’elemento più temuto: la Griglia. No, non si tratta dello strumento per cucinare le salsicce quanto piuttosto una sorta di piano cartesiano quadrettato dove durante la partita si svolgerà un ‘gioco nel gioco’ che chi ha provato Patchwork apprezzerà. Questa griglia presenta molti spazi vuoti, alcuni con dei bonus, una diagonale con stampate rendite progressive e moltissimi spazi contenenti ‘-1 punto’. Durante la partita, i giocatori – oltre alle molte altre azioni – dovranno premurarsi di occupare il più possibile questa griglia mediante dei PoliminiQuesti Polimini sono presenti nel gioco in differenti forme e colori. Gli arancioni ed i rossi sono cibi mentre i verdi ed i blu sono abiti o manufatti. Durante il gioco, i giocatori potranno ‘upgradare’ i polimini, seguendo una progressione che passa dall’arancione al rosso, dal rosso al verde e dal verde al blu. Quest’azione, servirà a migliorare la qualità dei pezzi necessari a completare la summenzionata Griglia, che richiede solo pezzi verdi e blu e ci obbliga a piazzarli con regole molto precise. I polimini arancioni e rossi invece, oltre a fungere da cibo per sfamare i vichinghi, sono utili per riempire altre griglie più piccole (edifici) che si possono acquisire durante la partita e che – al loro completamento – ricompenseranno il giocatore con punti vittoria.
Parlando delle azioni disponibili, vediamone nel dettaglio le diverse possibili categorie a cui afferiscono. Di base, sulla plancia delle azioni, sono presenti 4 colonne per ogni categoria. Le colonne indicano quanti lavoratori sono richiesti per svolgere l’azione della categoria scelta. Per la prima colonna 1 lavoratore, per la seconda 2 lavoratori e così via.
Le categorie sono molte:

1.Le azioni di caccia: ci permettono di utilizzare le carte armi (se ne riceve una casuale a turno) per ottenere cibo. Queste azioni prevedono il tiro di un D8 che potrà essere modificato con carte armi o risorse (legno o pietra a seconda dell’azione). L’obiettivo è raggiungere lo zero provando fino a 3 volte il lancio di dado. Un tiro basso sarà più facilmente modificabile, considerato che ogni arma o risorsa scartata abbasserà il valore del tiro di 1. La ricompensa per la caccia è varia in base all’azione scelta ma solitamente si ottengono cibi rossi o pellicce verdi.

2.Le azioni di costruzione: ci permettono di costruire con le risorse (legno o pietra in base all’azione scelta), navi o edifici. Le navi sono di tre tipi: baleniera, nave commerciale e nave da guerra. La baleniera è utile per la caccia; la nave commerciale per gli upgrade di alcune merci; la nave da guerra è richiesta per incursioni e saccheggi. Queste navi valgono punti vittoria a fine partita e le ultime due possono essere ‘ribaltate’ (con una specifica azione) per ottenere maggiori punti. Per quanto riguarda gli edifici, un volta presi dalla riserva devono essere riempiti con risorse (legno o pietra) oppure con i polimini rossi e arancioni per fornire punti vittoria e bonus.

3.Le azioni di approvviggionamento: ci permettono di prelevare dalle ‘strisce’ montagna un numero specifico di risorse. Queste strisce vengono pescate e riempite ad inizio partita con le risorse indicate nell’ordine indicato. Ogni volta che un giocatore deve prelevare risorse da queste strisce, dovrà prelevarle da sinistra verso destra. Le risorse che possono essere prelevate sono: legno, pietra, metallo e soldi.

4.Le azioni di allevamento: ci permettono di prendere capre o bovini ed allevarli nelle stalle. Ogni coppia di animale ce ne fornirà uno nuovo alla fine del turno. Gli animali forniscono anche polimini lana e latte ma gli animali in sè non possono essere utilizzati per sfamare i vichinghi.

5.Le azioni di conversione: ci permettono di migliorare i polimini a nostra disposizione, portandoli al livello successivo (seguendo la scala arancione-rosso-verde-blu).

6.Le azioni di saccheggio e esplorazione: ci permettono di acquisire tesori mediante il lancio di un d12 modificato da pietre, armi ed eventuali navi da guerra armate o non. Qui l’obiettivo è di ottenere un risultato abbastanza alto, in modo da eguagliare il valore di un polimino tesoro presente sulla plancia dei tesori. Questi tesori possono essere utilizzati poi per riempire gli spazi sulla Griglia. Per quanto riguarda l’esplorazione invece, è possibile acquisire una plancia isola, che presenta una nuova griglia da completare. Quest’azione nelle prime partite sarà tralasciata, dato il grande impegno necessario a completare anche solo la propria Griglia di partenza.

7.Le azioni di card-managment: ci permettono di pescare e giocare carte occupazione/bonus one shot. Normalmente, quando si compie un’azione sulla colonna 3, si pesca una carta, mentre quando si compie un’azione da 4, si può giocare una carta. Per pescare o giocare più carte si possono invece utilizzare le azioni di card-managment.

Detto ciò, il gioco consta di molte altre piccole particolarità e sfumature che non ho spazio e tempo per narrare, pena eguagliare il regolamento di gioco. Per quanto riguarda la meccanica ed il turno di gioco, questi sono molto semplici e lineari. Ogni giocatore inizia con 6 lavoratori ai quali se ne aggiunge uno ogni turno di gioco (7 turni). A turno, partendo dal primo giocatore, ognuno utilizza un blocco di lavoratori (da 1 a 4 in base alla colonna scelta) per svolgere un’azione. L’ultimo giocatore a piazzare il suo ultimo lavoratore sarà il primo giocatore del turno successivo. Alla fine di ogni fase azioni, ogni giocatore dovrà sfamar con i polimini del cibo i propri lavoratori, occupando la riga del banchetto. Per ogni spazio non coperto, dovrà prendere un gettone da -3 punti.  Successivamente ogni giocatore otterrà eventuali bonus derivanti da tasselli circondati sulla Griglia o sulle griglie degli edifici, otterrà le rendite in denaro indicate dalla sua Griglia, gli animali eventualmente accoppiati figlieranno ed infine i lavoratori torneranno in piazza. Il nuovo turno inizierà con l’arrivo di un nuovo lavoratore, per poi passare alla consegna delle carte armi (una a giocatore) ed una nuova fase azione a partire dal nuovo primo giocatore. A fine partita, si otterranno punti mediante: le navi, le carte occupazione, i soldi rimasti, le griglie di edifici ed isole completate. A questi, dovranno essere sottratti: i -1 presenti sulla propria Griglia e quelli presenti su isole ed edifici non riempiti ed i gettoni -3 punti vittoria. Il vincitore sarà personalmente benedetto da Odino.

La Griglia

E’ di sicuro questo l’aspetto più importante di tutto il gioco, poichè è mediante questa griglia che si ottengono le rendite ed i principali bonus, oltre al fatto che, solo coprendola per intero, non si otterranno punti negativi a fine partita. La scelta di inserire una puzzle game all’interno di un solido german potrebbe apparire inappropriata ai più ma a partita terminata ci si accorge di quanto sia strategica e affatto banale la gestione oculata della propria Griglia. L’aspetto più ostico è tuttavia il posizionamento dei polimini su di essa che, sebbene possa esser svolto in qualsiasi momento, può diventare un bel problema nel caso in cui – al tavolo – i giocatori si occupino più di giocare ad ‘incastra il pezzo’ che non alla partita stessa.

Considerazioni finali

La Festa per Odino è di sicuro uno dei titoli più innovativi e ricchi di questi ultimi mesi. E’ stato aspramente criticato per il fatto di essere un mash-up di meccaniche già viste in molti titoli di Rosenberg ma a mio parere è tutt’altro che un’accozzaglia o un riciclo di meccaniche. Il bilanciamento, la varietà, le possibilità strategiche e la profondità di questo titolo si vedono sin dalla prima partita. Non è un titolo fondi-neuroni e non è affatto un titolo che procede lento e che sturba con complessità inutili. E’ bensì un gioco che impegna il giocatore su più fronti e lo mette dinnanzi a plurime scelte, anche se spesso è difficile perseguirle correttamente in vista di una strategia a lungo termine. Odino è un titolo che è assolutamente da sconsigliare ai neofiti od ai casual gamers mentre è un acquisto obbligato per tutti gli amanti dei german che si rispettino. Il rapporto qualità prezzo è assolutamente bilanciato considerata l’enorme valanga di segnalini che vi sommergeranno all’apertura della scatola. Segnalo inoltre la possibilità di acquistare degli splendidi organizer fatti su misura per il gioco presso Pimp My Game che vi risparmieranno molto tempo per il setup e soprattutto agevoleranno la sistemazione dei materiali di gioco all’interno della scatola.
Detto ciò, vi consiglio di prepararvi a questo acquisto, in onore di Odino ovviamente!

In the Year of the Dragon (10th Anniversary Edition) | Recensione

Ebbene si, dopo anni ed anni ed anni ed anni (del Dragone) d’attesa, sono finalmente riuscito a provare per la prima volta il famigerato In The Year of the Dragon, piccolo capolavoro di Stefan Feld, edito dall’Alea/Ravensburger. Il titolo in questione è rimasto per troppo tempo nel mondo dei fantastici boardgame fuori produzione, insieme ad un suo collega, il noto Notre Dame (sempre dello stesso autore). L’Alea, che in quanto a tempistiche per le stampe è assai biblica, ha finalmente rimesso in produzione entrambi i titoli in una nuova edizione anniversario, contenente delle piccole espansioni che vanno ad arricchire titoli già rigiocabilissimi nella loro versione base. In questa recensione mi occuperò esclusivamente di In the Year of the Dragon. Se siete interessati, seguitemi!

I materiali

Iniziamo dunque aprendo la classica scatola in stile Alea – di dimensioni identiche a quella di Puerto Rico – che presenta una grafica di copertina evocativa ma per nulla originale. La delusione arriva quando si apre il coperchio e si scopre che a fronte del gran numero di segnalini contenuti in cartoncino leggerissimo, non c’è nessun organizer di plastica nè alcun divisorio. Ora, non per essere pignolo ma se una casa ha la grande idea di creare una nuova edizione di un gioco potrebbe anche pensare a inserire un anonimo, becero agglomerato di piccoli vani in plastica riciclata, o sbaglio? L’hanno fatto per Burgundy, per Puerto Rico e per molti altri titoli più vecchi ma non per questo. Nota negativa per questa mancanza e per la qualità davvero scadente del cartoncino summenzionato. A fronte del costo del gioco (39.90 Eu), la componentistica interna fa davvero pena. Si salva la grafica generale, che seppur non spicca con magnificenza se non altro non fa gridare all’orrrore e contribuisce ad ambientare discretamente il gioco.
La plancia è solida ma alquanto spartana; le carte son piccinine e di buona qualità; il regolamento è presente in tre lingue: inglese, francese e tedesco ed è comprensibile e ben scritto; i componenti in legno sono pochi e di qualità standard.

Il gioco

Per nostra fortuna, il gioco è talmente interessante da farci passar sopra le problematiche relative ai materiali. In the Year of the Dragon è un titolo da 2 a 5 giocatori che può durare dai 45 minuti ad un paio d’orette. La scalabilità del gioco è buona ma son convinto che dia il suo meglio in 3-4 giocatori. L’idea alla base del gioco è che ogni giocatore interpreti un feudatario cinese nell’anno 1000 (l’anno cinese del Dragone appunto). Il compito dei giocatori è quello di attirare nel proprio feudo personaggi d’ogni sorta per riuscire – grazie al loro lavoro – a superare le gravi difficoltà che a fine mese (turno) colpiranno la Cina (ovvero ogni feudatario in gioco).  Il gioco si svolge su 12 turni (mesi) ed ogni turno è suddiviso in 4 fasi. Vediamo nel dettaglio come si svolge un turno. Ogni giocatore riceve un ottagono di legno per tener traccia dei propri punti, un dischetto per tener il conto della propria popolazione, un dragone che utilizzerà per selezionare ogni turno un’azione, un set di due palazzi da due piani ciascuno, un mazzo di carte contenente i personaggi che si potranno attrarre nel proprio feudo (i mazzi son uguali per tutti) ed infine 6 yuan (la moneta del gioco). Il setupe del gioco è molto breve ed in base al numero di giocatori verranno collocati sulla plancia un numero variabile di tessere personaggio, divise in 9 ruoli.

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Dall’alto a sinistra verso il basso, i personaggi in questione sono: Costruttore, Geisha, Pirotecnico, Esattore, Guerriero, Monaco, Guaritore, Contadino, Ricercatore.

Sei di questi ruoli sono nuovamente suddivisi in Anziani e Giovani: la differenza è che le tessere anziano hanno un numero più basso ma maggiori icone mentre quelli giovani hanno meno icone ma un numero più alto. Vedremo dopo nel dettaglio perchè.
Ad inizio partita, ogni giocatore dovrà scegliere – in ordine di turno – due personaggi Giovani ed alloggiarli nei suoi palazzi. Ogni volta che un personaggio viene collocato in un palazzo, il possessore deve spostare in avanti il proprio dischetto popolazione del numero di spazi indicato sul personaggio. In ogni palazzo ci possono essere fino a 3 piani e fino a 3 personaggi (uno per piano). I personaggi ospitati nei palazzi, oltre a far avanzare il giocatore sul tracciato della popolazione – dove chi è più avanti sarà anche primo giocatore – potenziano specifiche azioni. Ad inizio turno, vengono mescolate a faccia in giù le 7 tessere azione al centro del tabellone e poi disposte – in base al numero dei giocatori – in gruppi (in 2 giocatori un gruppo è da 4 e uno da 3; in 3 giocatori due grupppi sono da 2 ed uno da 3 e così via) e poi vengono rivelate. In ordine di turno, ogni giocatore deve scegliere un gruppo e selezionare un’azione dentro quel gruppo col proprio dragone. Le azioni disponibili sono: Prendere tessere Riso, Prendere Soldi, Avanzare sul tracciato della popolazione, Avanzare sul tracciato dei punti, Prendere tessere Fuochi d’artificio, Ottenere un privilegio, Costruire palazzi. Ognuna di queste azioni presenta un’icona base, disegnata sulla tessera, che ne indica la potenza. Ad esempio, l’azione di Prendere Tessere Riso garantisce una tessera riso mentre l’azione Prendere soldi permette al giocatore di prendere due Yuan. Fin qui, nulla di speciale insomma. Ma il gioco non è certo finito qui. Ognuna di queste azioni, può essere potenziata da uno o più personaggi dello stesso tipo. Prendiamo ad esempio l’azione Costruire Palazzi. Di base ci permette di costruire un nuovo piano su un palazzo preesistente o un nuovo palazzo da un solo piano. Tuttavia, se noi abbiamo precedentemente piazzato un Costruttore in uno dei nostri palazzi, questo – mediante la sua icona martello – potenzierà l’azione Costruire Palazzi di 1, permettendoci di costruire un piano in più. Ogni personaggio quindi, garantisce icone in più che vanno a potenziare l’azione base, permettendo al giocatore di ottenere più riso, più soldi, più palazzi, più punti, più popolazione o più fuochi d’artificio. Ci sono tuttavia personaggi che non potenziano le azioni base, come ad esempio le Geishe che garantiscono 1 punto ogni fine turno (mese) oppure i Monaci, che a fine partita garantiranno tanti punti quanti sono le loro icone Buddha moltiplicati per il numero di piani del palazzo in cui si trovano o anche i Guaritori che salveranno le persone da morte certa quando bisognerà fronteggiare alcuni degli eventi di fine mese.
Tornando al gioco, la fase azioni è dunque il cuore della partita. Una volta che un giocatore seleziona un’azione e ne svolge gli effetti, chiunque voglia svolgere la sua stessa azione o un’altra contenuta in un gruppo di tessere azione già occupato da un dragone avversario, egli dovrà pagare alla riserva di gioco tre yuan. Un giocatore può anche saltare la fase azioni per recuperare fino a 3 yuan. Svolta questa fase, i giocatori procederanno a selezionare dal proprio mazzetto la carta del personaggio che vorranno invitare nel proprio feudo. La carta scelta viene eliminata dal gioco ed il giocatore avrà la possibilità (a patto che ce ne siano ancora) di scegliere una tessera Anziano o Giovane del tipo selezionato. Una volta presa la tessera ed eliminata la carta, il giocatore dovrà ospitare il nuovo personaggio in un palazzo a patto che ci siano un piano libero. Nel caso non ce ne fosse nemmeno uno, dovrebbe eliminare un personaggio da uno dei propri palazzi. Finita questa fase, i giocatori dovranno fronteggiare l’evento di fine turno. Gli eventi, quasi tutti sfavorevoli, vengono piazzati casualmente ad inizio partita sulla plancia. Questi eventi sono 6 in duplice copia e ad eccezione della Pace (in cui non accadrà nulla) gli altri metteranno in seria difficoltà i giocatori, punendoli severamente per ogni mancanza.

I tipi di tessere evento, a partire dall’alto a sinistra: Pace, Siccità, Malattia, Invasione Mongola, Offerta all’Imperatore, Fuochi d’artificio.

Nel dettaglio: Pace : non accade nulla; Siccità : ogni giocatore paga una tessera riso per ogni edificio occupato da personaggi; Malattia : ogni giocatore perde tre personaggi ma chiunque possiede dei Guaritori, perderà un personaggio in meno per ogni icona mortaio presente su di essi; Invasione Mongola : ogni giocatore ottiene un punto per ogni icona elmetto da guerra presente sui suoi personaggi guerrieri mentre chi ne avrà meno perderà un personaggio;  Offerta all’Imperatore: ogni giocatore deve pagare 4 yuan o perdere un personaggio per ogni yuan non pagato; Fuochi d’artificio: il giocatore con più tessere fuoco d’artificio ottiene 6 punti ed il secondo 3 punti.
Una volta fronteggiato l’evento di turno, i giocatore passano alla fase di punteggio parziale di fine turno. Ogni giocatore ottiene: 1 punto per ogni Geisha nei propri palazzi, 1 punto per ogni dragone disegnato sulle tessere Privilegio acquistate mediante la relativa azione ed 1 punto per ogni palazzo. Alla fine di questo calcolo, ogni palazzo disabitato perderà un piano. Finito il turno ne avrà inizio uno identico a questo e così via sino al dodicesimo ed ultimo prima del punteggio finale.

Le espansioni

Come già accennato, questa versione aggiunge due mini-espansioni che si integrano perfettamente al gioco base senza snaturarlo. La prima è The Great Wall of China e contiene una nuova tessera azione “Costruire la muraglia” e delle tessere muraglia nei colori di ogni giocatore che una volta costruite forniranno dei bonus one-shot al proprietario. L’espansione The Super Events comprende 10 talloncini di cartone che vengono mescolati coperti. Se ne pesca uno casualmente e lo si posiziona sulla settima tessera evento. E’ proprio al settimo turno che verrà risolto insieme all’evento basilare. Devo dire che queste espansioni potevano anche risparmiarsele, poichè anche se aggiungono un po’ di pepe in più al gioco, non sono così avvincenti o quantitativamente sostanziose. Se avessi dovuto scegliere se risparmiare qualche soldo ed avere la versione base senza espansioni penso l’avrei fatto.

Considerazioni finali

In the Year of the Dragon ha la stoffa per essere un classico per tutti. E’ rapido, accattivante, vario e longevo. Non è un gioco che crea eccessivi tempi morti o dà spazio a calcoli algebrici ma ciò non vuol dire che sia un gioco dove non occorre pianificare, anzi. L’amministrazione del proprio feudo sarà la parte più strategica del gioco. Capire quale personaggio prendere, in che momento utilizzare un’azione o come costruire i propri palazzi saranno tutti elementi importantissimi per vincere la partita. Il gioco ha il pregio/difetto di essere molto stretto, cattivo e penalizzante. Fare una mossa piuttosto che un’altra comporta gravi rischi e ciò potrebbe costituire una frustrazione non da poco per alcuni giocatori. D’altro canto, la bellezza del gioco sta anche talvolta nel subire delle penalità e vedere il proprio palazzo svuotarsi ed i personaggi morire (si è un po’ sadica come cosa). Ogni elemento di gioco è ben armonizzato ed ogni azione ha il suo perchè, anche se la partita sarà prevalentemente pilotata dalla sequenza dei 12 eventi. Ecco, forse questo è un elemento che ad alcuni potrà piacere mentre ad altri farà storcere il naso: saper in anticipo quali saranno e gli eventi e quando verranno innescati può risultare un ottimo strumento per impostare la propria strategia anche se – secondo me – ci si sente un po’ troppo comandati dagli eventi stessi. Non si può uscire troppo dagli schemi e prendere un’altra strada più originale rispetto a quella degli altri. Se a fine turno tutti dobbiamo pagare il tributo all’Imperatore è ovvio che tutti faremo l’azione Prendere Soldi ma solo il primo la svolgerà gratuitamente mentre gli altri dovranno pagare per svolgerla e si sentiranno così disincentivati.
Consiglierei questo gioco ai giocatori di German in cerca di qualcosa di diverso dal solito gioco Risorse/Worker Placement ed ai giocatori esperti senza un target definito. Non è un titolo introduttivo ma nemmeno un cinghiale da ore ed ore di cottura. Si tratta di un gioco solido, punitivo, molto rigiocabile che richiede una buona dose di strategia. Se amate i titoli di Feld, rimarrete piacevolmente sorpresi mentre se non avete provato altri suoi giochi potreste iniziare da qui o dal godibilissimo e più semplice Notre Dame.

Grazie a tutti per aver letto questa recensione. Alla prossima!

Glass Road | Recensione

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Quando si parla di Uwe Rosenberg, si parla di uno dei più geniali e solidi autori di giochi da tavolo contemporanei. Non servono mai troppe presentazioni: basta provare uno dei suoi titoli per capire se amarlo o odiarlo. Al di là dei propri gusti personali tuttavia, è innegabile che il talento di quest’uomo viaggi di pari passo con la sua inventiva e la sua prolificità creativa. Alcuni lo hanno accusato negli anni di esser troppo ripetitivo nelle sue tematiche: contadini, campi, animali sembrano essere il suo topic preferito. Peccherà dunque talvolta nella ricerca delle ambientazioni ma in quanto a solidità della sue meccaniche, non si può criticargli nulla.

La recensione del giorno è dedicata a Glass Road, titolo gestionale di Rosenberg da 1 a 4 giocatori, ambientato nella Foresta Bavarese dove, per 700 anni, si è evoluta la lavorazione del vetro. Nello specifico, parlerò della versione italiana, localizzata dalla Cranio Creations. Vedremo nel dettaglio la componentistica e passeremo poi ad illustrare le meccaniche di gioco.

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I materiali

La scatola di Glass Road ricalca gli standard di Agricola come dimensioni, ma la supera in qualità (sia per il cartone più resistente che per la grafica ed il design più curati). All’interno, troviamo un paio di kg di fustelle, contenenti tiles d’ogni sorta: dalle foreste, ai laghi, alle cave di sabbia, passando poi per gli edifici che i giocatori costruiranno durante la partite e terminando con gli ingranaggi delle ruote di produzione. Sono inoltre presenti 4 mazzi di gioco in 4 colori, dei segnalini in legno con relativi sticker da applicarvi sopra, plance dei giocatori e del mercato edifici ed infine il regolamento. Ogni singolo materiale contenuto nella scatola è di ottima fattura e qualità: tiles resistenti, carte di adeguato spessore, stampa nitida.
Il lavoro artistico è ammirevole ed anche se può incontrare o meno il gusto soggettivo di ogni giocatore, è indubbiamente una spanna sopra molti altri titoli dello stesso range (di prezzo e tematica).

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Il gioco

Glass Road non è uno dei giochi più complessi di Rosenberg ma non mi sento comunque di considerarlo un gioco semplice o per neofiti. Mi spiego: è agevole sia da spiegare che da imparare ma presenta troppe variabili da gestire e infinite strategie, cosa che potrebbe mandare letteralmente in tilt un giocatore alle prime armi o quasi. La durata di gioco è contenuta (sui 45 minuti in due per arrivare a un’oretta e mezzo in 4), quindi lo si può calare e finire in una serata, senza far eccessivamente tardi. Ma come funziona?
E’ presto detto. In Glass Road, ogni giocatore possiede una sua porzione di territorio di partenza, rappresentato da una plancia verdissima che sarà riempita nel setup con Boschi, Laghi, Cave e Frutteti. Durante il gioco questi spazi potranno essere liberati per far posto ad edifici di produzione. Ogni giocatore inizia la partita con una tabella contenente due ruote di produzione, ognuna con due lancette bloccate ad angolo ottuso, che simuleranno la produzione di Vetro (sulla prima ruota) e del Mattone (sulla seconda ruota). Inoltre, un mazzo di 15 carte azione lavoratore completerà la dotazione iniziale di ogni giocatore. Questo mazzo, dal quale ogni giocatore dovrà selezionare – in ognuna delle 4 fase che compongono la partita – 5 carte, contiene le vere e proprie azioni, sottoforma di lavoratori di diverso genere. Una volta scelte le proprie 5 carte azione lavoratore per la prima fase di gioco, il primo giocatore ne gioca una dalla propria mano. A questo punto, se qualcuno degli altri giocatori al tavolo ha una copia della carta appena giocata, deve scoprirla e metterla in uno dei due spazi appositi al lato della sua plancia. Questa situazione ha due conseguenze: la prima è che il primo giocatore potrà svologere solo una delle due azioni raffigurate sulla carta lavoratore che ha giocato; la seconda, è che i giocatori che hanno giocato copie di quella carta, in ordine di turno, avranno la possibilità anche loro di svolgere una delle due azioni raffigurate su quella carta. Nel caso in cui non ci fossero state copie della carta giocata dal primo giocatore, quest’ultimo avrebbe potuto svolgere entrambe le azioni della carta lavoratore. Ognuna delle quattro fasi ha termine non appena un giocatore gioca l’ultima delle sue 5 carte azione lavoratore Ma a cosa servono queste carte lavoratore? Essenzialmente permettono di guadagnare risorse; guadagnare risorse in base a X tiles di un dato tipo presenti sulla vostra plancia (ad esempio: ottieni X cibo dove X è uguale al numero di laghi presenti sulla tua plancia; costruire edifici prelevandoli dalla plancia degli edifici disponibili; ottenere una selezione privilegiata di edifici dalla riserva; aggiungere tiles paesaggio (Laghi, Cave, Frutteti) o disboscare una porzione di foresta. Alcuni di essi presentano un costo d’attivazione da pagare, mentre altri sono attivabili gratuitamente. Non essendoci una vera e propria strategia imposta, è possibile che un giocatore alla prima partita non sappia proprio da dove partire od a cosa dare la precedenza. Meglio prendere risorse o spenderle subito per accaparrarsi un edificio? Devo ammettere che in alcuni casi può essere davvero frustrante, considerato anche che le azioni che compirete in tutta la partita – ve lo assicuro – non saranno molte. Parlando degli edifici invece, ne esistono di tre tipi: gli edifici adibiti alla trasformazione di risorse, gli edifici che garantiscono bonus one-shot e edifici che fungono da gilde/moltiplicatori di fine partita. Tre edifici base sono impressi sulla plancia di ogni giocatore e garantiscono punti per i mattoni, il vetro e la sabbia che ogni giocatore possiederà a fine partita. Gli altri edifici dovranno essere selezionati oculatamente dai giocatori al fine di edificarli sulle proprie plance di volta in volta. E’ importante sapere che le ruote di produzione svolgono la funzione principale in tutto il gioco. E’ solo grazie ad una saggia gestione delle risorse che ci si potrà permettere di acquistare tiles edificio o pagare alcuni lavoratori. Inoltre, entrambe le ruote presentano un meccanismo di ‘scatto delle lancette’ molto particolare: all’incrementare delle risorse base, possono liberarsi dei settori della ruota davanti ad una lancetta. Se ciò accade, la lancetta si muoverà in senso orario verso il prossimo spazio occupato ed il risultato di questo movimento sarà la produzione di vetro (nella prima ruota) o di mattone (nella seconda ruota). E’ difficile rendere a parole questo meccanismo così geniale che ovvia alla necessità di kg di cubetti o counter risorsa ma vi assicuro che una volta compreso il funzionamento delle ruote di produzione, tutto il resto del gioco vi sembrerà semplicissimo da capire. Concludo specificando che a fine partita ogni giocatore conterà i punti sugli edifici costruiti e considererà i moltiplicatori derivanti dagli edifici. Semplice no? Giusto il conteggio.

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Considerazioni finali

Trovo che Glass Road sia un buon titolo, contenuto nella durata e profondo abbastanza da permettere strategie non banali in ogni partita. Sicuramente, come già accennato, può mandare letteralmente in tilt il cercare di impostare la propria partita, specialmente se è la prima. Tante risorse (acqua, cibo, carbone, argilla, vetro, sabbia, mattone, legno) da bilanciare sulle ruote di produzione; tanti differenti lavoratori che sono tutti talmente buoni che non sai mai chi dovresti scegliere e per quale motivo; edifici d’ogni sorta che vengono pescati randomicamente e che quindi variano ogni partita (il che potrebbe far storcere il naso a molti); sensazione di povertà che opprime come una cappa in diverse situazioni, specialmente quando arriva il fatidico momento di scegliere quale edificio acquistare; punti veramente bassi a fine partita ( per citare i risultati di due partite, ad una ho terminato con 17 ed una con 13) ma assenza di penalità, tipiche di Rosenberg (spazi lasciati vuoti, famiglie/lavoratori non sfamati, ecc). E’ un titolo che consiglierei a tutti ma che penso apprezzerebbero in pochi. Se avete amato Ora et Labora e le Havre di Rosenberg o se avete apprezzato il giochino di carte Oh My Goods (improntato sulla trasformazione di merci), di sicuro apprezzerete anche Glass Road. Se volete un german con worker placement, non è affatto il gioco che cercate. Se siete una famiglia e vi aveva attirato la tematica o la componentistica, non penso sia il gioco adatto per passare una serata spensierata. Se amate i giochi longevi e pieni di possibilità, non potete affatto perdervelo. L’alea è presente esclusivamente nella pesca degli edifici mentre l’interazione è presente in discreta quantità, ad esempio nella limitazione delle azioni altrui mediante le copie delle carte o nell’acquisto di edifici. Detto questo, lascio a voi l’ultima parola e vi do appuntamento alla prossima recensione.

Parsec – Age of Colonies | Recensione

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Oggi parlerò di un titolo nostrano, l’italianissimo Parsec – Age of Colonies, concepito dal duo Giangiacomo Borghese (game design e lead art) e Ranieri Panchetti (grafica e progetto) e prodotto dall’editore Dal Tenda nel 2016. Personalmente ho seguito l’evoluzione del gioco lungo la campagna di Kickstarter, dove il gioco ha riscontrato parecchio successo nonostante fosse un prodotto destinato unicamente al pubblico italiano. Questa recensione è basata sull’edizione base del gioco (da 2 a 4 giocatori), che corrisponde a quella attualmente in commercio, acquistabile direttamente dal sito di Dal Tenda. Passiamo quindi ad analizzare la componentistica del gioco e le regole.

I materiali

Indubbiamente, la scatola di Parsec fuoriesce dai soliti standard a cui siamo abituati. E’ difatti alquanto spessa ma quadrata anzichè rettangolare. L’illustrazione in copertina e’ alquanto accattivante e ben realizzata e non lascia dubbi sulla tematica del gioco: la conquista della galassia. All’interno – privo di qualsiasi organizer o separatore in cartone – sono gettati, totalmente imbustati, i vari componenti: i mazzi di carte incellofanati; un foglio di counter esagonali per il tracking degli eventi; i dadi (D8) nei colori dei 4 giocatori; 4 set di astronavi e colonie nei colori dei 4 giocatori; le 12 plance modulari in cartone spessissimo ed il regolamento a colori in un piccolo e comodo formato. Parlando di qualità, c’è qualche critica da fare: le carte sono lucide e ben congegnate a livello grafico ma scadenti in termini di resistenza. Sono di facile usura e di un cartoncino troppo debole. E’ consigliabile imbustarle anche se, essendo veramente tante, potrebbero rappresentare una spesa aggiuntiva non da poco. Un’altra critica va alle plance modulari, questa volta sotto l’aspetto grafico: gli esagoni impressi su di esse (probabilmente a causa di qualche difetto di stampa) sono poco definiti e netti, il che crea non pochi problemi durante il movimento delle proprie flotte. Tranne che per questi due difetti, in complesso si può dire che il resto dei materiali siano di adeguata qualità considerato anche il prezzo basso a cui viene venduto il gioco.

Un amico mi ha fatto notare che le miniature delle colonie ricordano molto tocchetti di cioccolata e le navi cargo sembrano delle dita!

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Il Cargo

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La Colonia

Il gioco

Avete mai giocato a “I Coloni di Catan”? Mi auguro di si, considerato che è uno di quei classici giochi da tavolo introduttivi imprescindibili ed al contempo uno dei più detestati. In Parsec, c’è molto de I Coloni di Catan, a partire dal fatto che la produzione delle risorse è casuale, affidata totalmente al lancio di un D8 nel turno di ogni giocatore. Le risorse sono raffigurate sulle carte ed a differenza di Catan, qui sono solo di tre tipi: Energia, Titanio ed Oro. Infine la possibilità di scambiare le risorse fra giocatori e fra giocatori e riserva generale conclude la lista delle somiglianze con Catan. Se odiate i Coloni di Catan, non so quanto potrete appassionarvi a Parsec ma se Catan non vi fa storcere il naso ed amate i giochi dadosi e di conflitto, continuate pure la lettura di questa recensione!
In Parsec, i giocatori tenteranno di colonizzare più pianeti possibile, abbattendo le flotte stellari avversarie ed estraendo minerali e risorse preziose da asteroidi e pianeti. E’ un titolo 4X (eXplore, eXpand, eXploit, eXterminate), che per chi sa cosa significa, si inserisce in un filone di boardgames e wargames con dei canoni rigidi che non vanno mai trasgrediti. Ovviamente in Parsec non ci sono trasgressioni di sorta, quanto piuttosto un adattamento – di sicuro più semplice e soprattutto rapido – di meccaniche tipiche di questo genere di giochi.
Dopo un setup che fornisce ai giocatori da una a due colonie di partenza, sulla plancia modulare raffigurante una galassia, la partita ha inizio. Ogni giocatore possiede due Cargo che sono l’unità di mining (raccolta risorse) principale. Partendo dalla/e propria/e Colonia di partenza, il giocatore potrà spostare di 3 PARSEC queste unità. In questo gioco, i PARSEC indicano il massimo numero di esagoni che un’unità può muovere in un turno. I Cargo hanno due funzioni: la prima è quella di raggiungere pianeti per colonizzarli (costruendo una nuova Colonia nell’esagono in cui approdano o trasformandosi in una Colonia); la seconda è quella di atterrare su asteroidi (non colonizzabili) per estrarne preziose risorse. Ogni pianeta può ospitare 7 Colonie di qualsiasi giocatore, mentre ogni asteroide può ospitare due soli Cargo di una stessa Fazione. Sia i pianeti che gli asteroidi riportano un numero da 1 a 8. Quando un giocatore inizia il proprio turno, tira un D8: ogni Colonia o Cargo che si trova su un pianeta o asteroide identificato da quel numero, produce una risorsa del tipo indicato dal pianeta o asteroide. Il possessore prende quindi dai mazzi corrispondenti, le risorse scelte. Questo è il meccanismo di produzione risorse. Avviene ogni turno ma è totalmente aleatorio, sconsigliato quindi ai german-isti deboli di cuore ed ai rosiconi. Dopo aver prodotto, un giocatore può muovere tutte le sue navicelle. Ne esistono di due tipi: quelle piccole, come i Cargo ed i Caccia e quelle grandi, come l’Incrociatore o il Trasporto corazzato. Dei Cargo abbiamo già parlato ma devo aggiungere che non sono considerati unità militari. Tutte le altre navicelle, sono unità militari che possono essere acquistate solo successivamente alla realizzazione di una quarta colonia da parte di un giocatore qualsiasi ed all’acquisto della sua prima unità militare. In ordine di forza si passa dai piccoli ma equlibrati Caccia ai devastanti Incrociatori, passando per il Trasporto corazzato, che risulta essere più un’unità funzionale al riposizionamento rapido e sicuro delle proprie unità sulle lunghe distanze che un vero e proprio vascello da guerra. Il combattimento avviene non appena un giocatore è in un esagono adiacente od a range di tiro ad unità o Colonie nemiche. L’attaccante deve sommare i bonus della propria navicella, eventuali carte evento bonus in combattimento ed il tiro di un D8; il difensore farà lo stesso. Se l’attaccante realizza un totale più alto, vince e distrugge l’unità avversaria. In caso di parità vince il difensore, che può subito contrattaccare, diventando automaticamente attaccante. Penso che il combattimento sia adeguato allo stile complessivo del gioco. Ci sono modificatori, ci sono colpi di scena dettati dalle carte ed il classico dado che non manca in nessun wargame. Devo però ammettere che ci sono alcune carte evento (che sono acquistabili nella fase acquisti di fine turno, insieme alle unità) veramente troppo sbilanciate: ne esiste una che permette ad un giocatore di tramutare un Caccia avversario in uno proprio; un’altra che garantisce la costruzione di una Colonia gratuitamente. Considerato che queste carte evento costano solo due risorse oro, mentre una Colonia ne costa 4 di risorse e considerato che non c’è una strategia produttiva che assicuri certezze di turno in turno, carte evento del genere possono sbilanciare la partita o buttarla in caciara. Ad ogni modo esiste un scala di rarità all’interno del mazzo eventi, perciò alcune carte più forti sono più rare mentre quelle più leggere sono assai comuni. Inoltre le carte evento possono essere rivendute nel settore “Porto Spaziale” in cambio di Oro, in base alla loro rarità. Il Porto Spaziale funge anche da zona franca di scambio risorse per i giocatori che vi approdano con i propri Cargo.Il gioco procede di turno in turno seguendo questo schema fisso: produzione, movimento, eventuale combattimento, acquisti e fine del turno. Il gioco può terminare se un giocatore ha il predominio militare su almeno metà dei settori che compongono il tabellone oppure se un giocatore ha il predominio economico, ovvero se possiede 10 Colonie e 18 risorse (6 per tipo).

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Considerazioni finali

Giunti al termine della recensione penso sia il caso di tirare le somme su questo titolo. Devo ammettere che non rientra nei miei gusti personali ma che potrebbe incontrare quelli di numerosi tipi di giocatori: dal casual gamer al party gamer, dall’amante della fantascienza all’ameritrasher, dal wargamer in cerca di qualcosa di più leggero alla famiglia in cerca di un titolo più impegnativo. Si adatta veramente bene ad ogni tipo di richiesta, tranne che a quelle dei gamer più esigenti. Ovviamente se siete amanti dei german e dei giochi privi di alea non penso nemmeno che siate giunti a legger la recensione sin qui. Il gioco è zeppo di aleatorietà: dadi, carte, scambi di risorse. Nulla è certo, tranne il colore delle vostre navicelle!
Il gioco presenta una fortissima interazione fra giocatori, che va dal combattimento alle infamate varie derivanti dalle carte evento; scala molto bene con qualsiasi numero di giocatori e non presenta granchè tempi morti, tranne quando la plancia inizia ad affollarsi di navicelle; è alquanto longevo considerando quanti aspetti del gioco siano casualmente determinati in ogni nuova partita; è personalizzato, poichè ogni volta si può ottenere una razza differente con un potere unico; ha una durata che in quattro arriva al paio d’orette inclusa una breve spiegazione. Il regolamento è abbastanza chiaro anche se andrebbe organizzato meglio, presenta molti esempi a colori ed una dettagliata spiegazione del combattimento.
Che dire, come primo titolo dei sopracitati autori, Parsec è di sicuro un buon prodotto che vale quanto lo si paga e che non delude chi è conscio di cosa sta acquistando. Tolto qualche difetto nei materiali – ai quali di sicuro si potrà riparare con una seconda edizione (che mi auguro ci sarà) – e qualche carta troppo potente, Parsec è un godibilissimo boardgame.
Spero questa recensione vi abbia illuminato a riguardo. Per qualsiasi altra curiosità, visitate il sito del gioco: http://parsectheboardgame.com/index.php/it/

Grazie e alla prossima recensione!

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Inis | Recensione

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Oggi parleremo di un titolo che – per la qualità dei materiali e le coloratissime e fiabesche illustrazioni – ha subito catturato l’attenzione di molti boardgamers, me incluso. Si tratta di Inis, prodotto dalla francese Matagot e tradotto in inglese dalla Asmodee. Attualmente non esiste una versione italiana ma non penso tarderà ad arrivare. Essenzialmente si tratta di un gioco ambientato in un’Irlanda incontaminata, dove sono stanziate alcune tribù di guerrieri. Ogni giocatore controllerà alcune di queste tribù e proverà – in maniera pacifica o mediante sanguinolenti scontri – ad estendersi in più territori possibile della regione, sottomettendo le tribù avversarie. Tecnicamente parlando, è un gioco di maggioranze ben ambientato, colmo di infamate e davvero poco controllabile. Ma vediamo nel dettaglio la componentistica e le meccaniche di gioco.

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I Materiali

In una scatola decisamente grande (e forse anche troppo), illustrata magistralmente, troviamo un’ottimo assortimento di materiali differenti. Tuttavia, pur essendoci una grande varietà e quantità di materiali, la qualità per alcuni di essi non eccelle. Le tessere territorio, che ricordano molto una foglia di acero, sono di ottima fattura e ben resistenti anche se talvolta non si incastrano a dovere l’una con l’altra. Le miniature, in quattro colori differenti, pur rappresentando tutte lo stesso soggetto (una tribù), sono diversificate fra di loro e questo è un aspetto che ho apprezzato. Fantastiche le miniature dei santuari, delle cittadelle e della capitale, molto evocative e dettagliate. Parlando delle carte invece, vero cuore del gioco, devo purtroppo toccare un tasto dolente. Le illustrazioni ed il layout sono bellissimi e su questo non avevo dubbi. Ognuna di esse sembra la copertina di un disco folk o progressive rock. Ma la qualità è davvero pessima. Per prima cosa sono oversized, come quelle di Dixit ma più larghe. Il che rende difficile trovare bustine economiche e adatte per proteggerle. Inoltre, bisognerebbe davvero proteggerle perchè sono più fine della copertina del libro più economico che avete e tendono a piegarsi e ad ovalizzarsi in men che non si dica. Considerato poi che il gioco si basa sul draft e l’utilizzo di queste carte, capite bene che dopo un paio di partite non rimarrà molto di queste carte. Inis è un prodotto di prezzo medio-alto, quindi non posso giustificare assolutamente questa mancanza, che a mio avviso fa perdere molti punti al gioco. Completano i materiali un regolamento a colori ben illustrato e chiaro (tranne che per le condizioni di vittoria) e dei token semplici e funzionali.

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Le Meccaniche

Inis è un boardgame che prevede dai due ai quattro giocatori ma a parer mio rende di più se giocato con il massimo dei players, perciò vi parlerò di una partita in quattro. Il setup prevede un piazzamento iniziale di quattro tessere territorio prese a caso dalla pila ed il piazzamento di due tribù per ogni giocatore in alcuni di questi quattro territori iniziali. Il primo giocatore, detto Brenn, dovrà anche piazzare la miniatura della  capitale su un territorio a sua scelta. La capitale è importantissima poichè chiunque riuscirà a mantenere la maggioranza di tribù nel territorio con la capitale, otterrà il gettone primo giocatore. Il Brenn dovrà distribuire quattro carte Azione (verdi) ad ogni giocatore. Queste carte possono essere essenzialmente di due tipi: Season e Triskel. Le Season cards sono le carte che un giocatore gioca nel suo turno per eseguire un’azione; le Triskel cards sono carte reazione che si giocano solo in risposta e solo in una determinata fase di gioco. Dopo aver ricevuto le carte, i giocatori si cimentano in un draft: scelgono una delle quattro carte iniziali e passano tre carte in senso orario o antiorario (in base alla faccia sul gettone Flock tirato dal Brenn). Delle tre carte ricevute, ne scelgono una e passano le altre due. Le due ricevute devono essere unite alle due precedentemente scelte, e fra queste quattro se ne deve scartare una. Finito il draft, ha inizio la fase Season in cui a turno, partendo dal Brenn, ogni giocatore sceglie se giocare una carta Azione Season, se Passare o se Prendere un Pretender Token. Quest’ultimo è necessario per vincere la partita ed è simile ad un biglietto per la vittoria. Quando un giocatore è certo di soddisfare almeno una delle tre possibili condizioni di vittoria, prende un Pretender token. All’inizio del nuovo turno, prima del draft, ci sarà una fase di check delle condizioni di vittoria. Se un giocatore possiede un Pretender token e soddisfa almeno una delle condizioni di vittoria, allora sarà decretato vincitore. Non possedere un Pretender token pur possedendo i requisiti per vincere, non vi condurrà alla vittoria. Tornando alle altre azioni, il giocatore può quindi giocare una carta dalla mano. Solitamente le Season cards permettono di svolgere un limitato numero di azioni: muovere tribù in zone adicenti, piazzare nuove tribù, piazzare cittadelle o santuari, sostituire tribù altrui con proprie tribù o inizare un clash. Il clash è lo scontro fra tribù, uno degli aspetti che – fra noi giocatori al tavolo – abbiamo trovato meno accattivante. In sostanza, un giocatore si dichiara aggressore e sceglie un territorio in cui è presente dove avrà inizio il clash. I giocatori aggrediti che possiedono tribù nel territorio, hanno la possibilità di proteggere una delle loro tribù dentro una cittadella (a patto che ce ne siano nel territorio in cui avviene il clash). Dopodichè, l’aggressore può Attaccare: deve scegliere un avversario ed obbligarlo ad eliminare una tribù o a scartare una carta dalla mano (a discrezione della vittima dell’aggressione). In ordine di turno, tutti i presenti nel territorio hanno l’occasione di Attaccare (come sopra), Ritirarsi verso un territorio adiacendente in cui si ha la maggioranza oppure Giocare una Epic Tale Card. E’ anche possibile accordarsi per interrompere il clash se tutte le parti coinvolte approvano. L’obiettivo del clash è quindi quello di eliminare le tribù degli avversari da un territorio o perlomeno ridurre le capacità d’azione degli avversari. Ho menzionato sopra le Epic Tale Cards: sono carte molto forti che garantiscono al giocatore un favore da un eroe o da una divinità mitica. L’altro tipo di carte che non ho menzionato sono le Priviledge: sono carte che si ottengono quando si ha la maggioranza in un territorio. Ogni territorio è legato ad una Priviledge card che ne porta il nome. Queste carte sono riassegnate ogni turno in base alle maggioranze ma quando un giocatore la ottiene, la può tenere in mano finchè non decide di usarla, anche se la maggioranza – nel territorio collegato a quella carta – è nel frattempo decaduta.
Quando tutti i giocatori passano consecutivamente nella fase Season, quest’ultima ha termine ed un nuovo turno ha inizio. All’inizio del turno, il Brenn viene riassegnato, si controllano le condizioni di vittoria di coloro che possiedono un Pretender token, ed un nuovo draft ha inizio. Per vincere la partita, il giocatore ha tre possibilità:

  1. Essere presente con le proprie tribù in almeno 6 territori
  2. Avere la maggioranza in uno o più territori dove sono presenti (in totale) almeno 6 tribù avversarie.
  3. Essere presenti in territori in cui sono presenti almeno 6 santuari.

Anche se ad un primo sguardo sembrano semplici da soddisfare, ci vuole molto prima di arrivare a soddisfarne anche solo una di queste.

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Considerazioni finali

Inis non mi ha sorpreso. Preso dall’hype pensavo si sarebbe rivelato un grande gioco e forse le mie aspettative erano irragionevolmente eccessive. Grafica pazzesca, materiali ottimi (tranne le carte), un regolamento scorrevole. Invece, quando ho iniziato a giocarci, mi son reso conto che non c’era nulla di nuovo sul fronte occidentale. Ho giocato a diversi titoli che si basano sulle maggioranze: Discworld, The King is Dead, A study in Emerald, El Grande. Ognuno di questi mi ha affascinato a modo suo pur ricorrendo ad una meccanica abusatissima. Inis mi ha lasciato alquanto neutro. La casualità delle carte, seppur mitigata dal draft, non consente grandi combo o mosse così accattivanti. La mobilità delle tribù è veramente limitata, le battaglie (clash) non sono così vantaggiose come può sembrare ed è spesso più semplice ingrassare e dominare su un paio di territori piuttosto che tentare di inserirsi in quelli altrui. C’è una buona dose di cattiverie che può portare a quei due minuti di rosicata potente ma nel complesso il gioco risulta molto statico. La dipendenza dalla lingua è molto alta, quindi se non sapete o non digerite l’inglese statene lontani; la rigiocabilità è buona ma penso che nonostante la varietà delle carte a stancare può essere la meccanica stessa. La durata proposta dalla scatola è irrealistica: ci vogliono almeno un paio d’orette in quattro (escluso il setup e la spiegazione), mentre sulla scatola parla di 60 minuti! Non mi sento di consigliarlo a qualcuno in particolare: non è un wargame se cercate un gioco di pur conflitto; non è un german, e l’alea è più che presente; non è un introduttivo, poichè presenta diversi aspetti non semplici da digerire per un neofita; non è un gioco per chi è facilmente irritabile, per cui mi sento al massimo di sconsigliarlo a questo tipo di persone. Il rapporto qualità prezzo non è così vantaggioso. Capisco che fra carte, scatola, miniature e tessere si superino i 50 euro ma la qualità dell’esperienza ludica garantita non penso valga quei soldi.
Se amate l’irlanda, la mitologia, i giochi graficamente impeccabili, le miniature e non avete grandi pretese o gusti in fatto di giochi da tavolo, allora potete anche prendere una copia di Inis senza rimanere delusi.

Grazie per aver letto la recensione, alla prossima!

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Oh My Goods! – Le Mie Merci! | Recensione

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Gioco di parole a parte, questo piccolo card game da 2 a 4 giocatori – edito dalla Lookout Spiele e localizzato in italiano dall’editore Uplay – nasconde in una piccola scatola del buon potenziale. Essenzialmente si tratta di un gioco di produzione e vendita di merci (ma va?), coadiuvato ad una frenetica corsa alla costruzione di impianti produttivi redditizzi ed all’assunzione di forza lavoro aggiuntiva. Se le premesse hanno catturato la vostra attenzione, procediamo all’usuale analisi dei materiali e delle meccaniche.

I Materiali

In una tascabile e pratica scatola della dimensione dei tipici card game di produzione tedesca (vedi Amigo Spiele), sono contenute ben 110 carte ed un libricino delle regole. Il tutto è ben organizzato – a patto che non si vogliano imbustare le debolucce carte – e graficamente d’impatto. La grafica è molto colorata e ben curata e la simbologia contenuta nelle carte, se è vero che all’inizio potrebbe spaventare, posso assicurarvi che risulterà molto intuitiva e pratica durante la partita. Nel complesso, visto il prezzo bassissimo del gioco, riscontro un’ottima qualità-prezzo.

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Le Meccaniche

Il gioco prevede dai due ai quattro giocatori ma mi sento di consigliare una partita in due per apprendere correttamente i vari aspetti macchinosi del gioco e per non trascinare la prima partita troppo per le lunghe. Difatti, pure essendo un piccolo giochino, Oh My Goods! non è affatto un filler nè un titolo di basso livello. Giocato in quattro potrebbe riempire quasi un’oretta della vostra serata, quindi non lasciatevi ingannare dalle apparenze, specialmente se avete calcolatrici umane e massimizzatori di profitto al tavolo. Il setup è abbastanza rapido: ogni giocatore riceve una carta impianto di produzione uguale per tutti – il Bruciatore di Carbone – che presenta combinazioni differenti di risorse necessarie alla produzione (lo vedremo dopo nel dettaglio). Poi prende una carta lavoratore, che su un lato mostra una donna e sull’altra un uomo ed infine ottiene 7 carte coperte da posizionare sul Bruciatore ed una mano iniziale di 5 carte. Tutte le carte presentano sul dorso una botte marrone, ad indicare una merce generica. Per esempio, le 7 carte posizionate sul Bruciatore, indicano il possesso di 7 unità di carbone. Ogni carta impianto di produzione, indica il valore della merce che produce, il costo in risorse per produrne un’unità ed il costo per iniziare una catena di produzione in quell’impianto. Nella parte superiore sono poi presenti il costo in soldi dell’edificio ed i PV che il giocatore guadagnerà a fine partita. La partita si svolge in turni identici, costituiti ognuno di quattro fasi principali. Nella prima fase, i giocatori possono scartare quante carte desiderano dalla mano e ripescarne altrettante. Inoltre ottengono due nuove carte dal mazzo comune. Poi, il giocatore attivo, inizia a pescare e rivelare carte dal mazzo comune, sino a quando non saranno disponibili sul tavolo due carte con il simbolo Spicchio di Sole. Quest’azione dà inizio alla seconda fase dell’Alba, in cui il mercato si apre e le merci sono disponibili a tutti. In questa fase, i giocatori devono scegliere quale edificio vogliono costruire, mettendolo coperto sul tavolo dalla mano. Devono poi scegliere in che modo lavorerà il loro unico lavoratore. Se il giocatore sceglie il lato disorganizzato del lavoratore, questo lavorerà nell’impianto a cui viene assegnato, producendo una sola merce (nella fase di produzione) ma necessiterà di una risorsa in meno fra quelle richieste per mettere in moto la produzione dell’impianto. Se viene scelto il lato organizzato, il lavoratore produrrà due merci (nella fase di produzione) ma necessiterà di tutte le risorse richieste per mettere in modo la produzione. Alla fine di questa fase, il giocatore attivo inizierà nuovamente a pescare e rivelare carte dal mazzo comune sinchè non verranno rivelati altri due Spicchi di Sole, dopodichè il mercato verrà chiuso con questa fase Tramonto. Inizia ora la fase di Produzione e costruzione. In questa fase, in ordine di gioco partendo dal primo giocatore, ognuno produrrà con il proprio lavoratore nell’impianto a cui è stato assegnato. La produzione funziona così: nella parte inferiore sinistra di quasi ogni edificio, sono presenti delle icone risorsa con una freccia che punta ad una merce. Le prime, sono le risorse necessarie al lavoratore per iniziare a produrre, che il giocatore deve ‘possedere’ virtualmente al mercato centrale (quello generato nella fase alba e tramonto) o scartare dalla mano. Ogni carta, sul lato sinistro presenta infatti una risorsa (mattone, legno, pietra, ecc.) che può esser scartata in questa fase per compensare quelle richieste dall’impianto. Un lavoratore disorganizzato, ha il beneficio di ignorare una risorsa richiesta a scelta ma produrrà nell’impianto una sola merce. Un lavoratore organizzato, necessiterà di tutte le risorse ma produrrà due merci. In relazione al numero x di merci prodotte, il giocatore attivo prenderà x carte coperte dal mazzo comune e le posizionerà sul proprio impianto, per simulare il quantitativo di merci prodotte. Ogni impianto produce un tipo di merce – mostrato nella parte inferiore della carta – ed il valore di quella merce. Ogni qual volta il giocatore necessiterà di denaro per pagare un edificio o un’assistente, potrà scartare carte merci da un’impianto per raggiungere il costo dell’edificio. Il carbone vale ad esempio un soldo per unità; i capi di bestiame valgono tre soldi per unità; le maglie valgono quattro soldi per unità, ecc. Unitamente alla produzione normale, il giocatore può illimitatamente attivare la catena di produzione di uno o più edifici che hanno prodotto merci in questo turno. Nella parte inferiore sinistra della carta impianto che ha prodotto, ci sono una o più icone risorsa/merce contornate da catene di ferro (per ricordare la catena di produzione…). Il giocatore può quindi decidere di scartare dalla mano o da un impianto  tante risorse/merci quante ne desidera o possiede. Per ogni merce/risorsa – corrispondente a quella della catena di produzione – che il giocatore scarta, egli ottiene una merce aggiuntiva dall’impianto attivato. Terminate queste azioni, se il giocatore ha programmato all’inzio del turno la costruzione di un edificio, potrà ora pagarne il costo e calarlo vicino ai suoi altri impianti/edifici. Sarà disponibile dal turno successivo per produrre merci. Inoltre, è possibile acquistare uno degli assistenti disponibili, pagando il costo e rispettando i requisiti (in tipologie di edifici costruiti) richiesti. Questo assistente è in grado di produrre una sola risorsa ma potrà esser assegnato a qualsiasi edificio.
Il gioco procede in questo modo sino a chè un giocatore non avrà calato 8 edifici. Non appena questa condizione sarà soddisfatta, ogni giocatore eseguirà un round bonus in cui potrà attivare tutti i suoi edifici produttivi, anche quelli senza lavoratori o assistenti assegnati. I giocatori poi conteranno i propri PV sommando quelli ottenuti dagli edifici/impianti, quelli ottenuti dagli assistenti ed 1 PV ogni 5 soldi posseduti in merci. Il giocatore con il totale più alto sarà decretato vincitore.

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Considerazioni finali

Come potete dedurre da voi stessi, questo non è affatto un giochino. E’ essenzialmente un gestionale ben congegnato realizzato con le carte. Penso sia un buon titolo che pur non introducendo nulla di così originale (fatta eccezione per la catena di produzione), riesce a stimolare il ragionamento quanto basta. E’ estremamente solitario e l’interazione fra i giocatori è pressochè nulla. L’aleatorietà incide moltissimo e forse molti giocatori in cerca di un gestionale tedesco non vedranno di buon occhio questo aspetto. Bisogna essere degli indovini per prevedere il randomico mercato del Tramonto, basandosi solo sulle carte del mercato dell’Alba per decidere in che impianto mandare il proprio lavoratore. La strategia è sempre a medio-breve termine, poichè pur volendo incastrare combinazioni interessanti di edifici in modo da avere una solida catena di produzione, si perderebbero troppi turni e la partita in media ne dura 8-10. Il prodotto è eccellente se consideriamo il costo (9,90 Euro) e la realizzazione grafica. Le carte purtroppo non sono di grande qualità: si ovalizzano, non sono così facili da mescolare e sono molto fine. La scatolina è pratica perchè entra in una tasca e vi permette di portar il gioco con voi e giocarlo anche al tavolino di un bar. Infine, parlando della longevità, Oh My Goods! è di sicuro un titolo che offre una buona gamma di possibilità, ergo non si esaurirà dopo le prime cinque partite. La durata è discretamente adeguata per il livello di gioco ma può aumentare spiacevolmente se giocate in quattro. Non è un titolo introduttivo, quindi non lasciatevi ingannare dai sorrisi e dai pascoli in copertina! E’ forse un po’ troppo impegnativo per chi è alle prime armi ed un po’ troppo riduttivo per un giocatore di alto livello, perciò mi sento di consigliarlo più ai giocatori di medio livello ed agli amanti di giochi di carte.

Voto: 6,5

Vi ringrazio per aver letto questa recensione e vi dò appuntamento alla prossima!

The Castles of Burgundy – il gioco di carte | Recensione

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Ebbene si, cari appassionati dell’arcinoto Stefan Feld e dei titoli prodotti dalla Alea/Ravensburger. E’ di recente uscita  (2016) la versione card-game di uno dei più famosi ed importanti titoli german: The Castles of Burgundy. Nonostante il gioco da tavolo offra già di suo un’esperienza di gioco pressochè illimitata ed un altissimo livello di sfida, il mercato non ha esitato davanti alla possibilità di smembrarlo e riassemblarlo su un supporto esclusivamente cartaceo che ha il vantaggio di essere pratico ed economico. Ma in quanto a novità, il gioco varia poco dal suo antenato. Questo può essere un bene per chi cerca la stessa esperienza del gioco da tavolo ma potrebbe far storcere il naso a chi si aspettava qualcosa di differente. Spesso le versioni card game di titoli solidi finiscono per essere dei mostri abominevoli, infangando il nome che portano. E’ il caso della versione card game di Ticket to ride – come di molti altri – che utilizza un brand per vendere un prodotto scadente, che i fan acquistano speranzosi solo per via del nome. Ma torniamo al nostro Burgundy e vediamo nel dettaglio le meccaniche ed i materiali contenuti nella piccola scatola tascabile.

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I materiali

Carte, carte ed ancora carte. 240 per essere esatti. Piccole e debolucce, della dimensione delle carte treno di Ticket to Ride. Un regolamento realizzato con il solito layout della Alea (ovvero con il corpo del testo contenente tutte le regole e la colonnina laterale contenente i riferimenti rapidi per rispolverare il gioco) e nulla più. Beh, dopotutto se è un card game, cosa ci si dovrebbe aspettare se non carte? Alcuni potrebbero tuttavia interrogarsi sull’assenza di un componente fondamentale: il dado. Ebbene, non ci sono assolutamente dadi nella scatola, spiacente. I dadi che comandano le azioni del classico Burgundy, vengono qui sostituiti con le carte. Lo so, anche io ho storto il naso. Vediamo come funzionano le meccaniche di gioco.

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Le meccaniche

Prima cosa, assicuratevi di avere abbastanza spazio sul tavolo. Nonostante le carte siano piccole, esse tendono ad occupare anche più spazio di quanto ne occupi Burgundy da tavolo. E’ qui che sinceramente mi son posto l’interrogativo fondamentale: ma il gioco di carte, nasce per essere pratico, portatile e facile da calare o per quale altro malato motivo? Soprassediamo per ora. Eseguito il setup del gioco (si può giocare da 1 a 4 giocatori) ogni giocatore avrà un campo virtuale (tradotto: immaginato nella sua mente), un ammontare di carte lavoratore in base al posto nell’ordine di gioco, una carta animale presa a caso, una carta minerale, una merce ed un mazzetto di 6 carte azione. Sul tavolo verranno piazzate le 6 carte dado a formare un display: ogni carta dado mostra un numero da 1 a 6 e viene messa ordinatamente in fila. E’ qui che verranno posizionate – in base al numero dei giocatori – le carte acquistabili. Ogni turno, il giocatore attivo gioca dalla mano una carta azione. Questa carta presenta due sezioni principali. In alto, c’è un risultato di dado mentre in basso c’è un tipo di edificio/terreno che ignoreremo. Quando un giocatore gioca la carta/dado selezionata dalla sua mano, può eseguire diverse azioni: può recuperare dal display una delle carte acquistabili, a patto che essa sia affiancata al risultato di dado corrispondente a quello giocato dal giocatore. Ad esempio: Mario gioca una carta che mostra un 3 e recupera dal display la carta vicina alla carta dado 3. Dopo, la posiziona fra i suoi progetti (può avere max. tre progetti attivi). Un’altra azione disponibile è quella di prendere uno dei progetti e costruirlo. Per fare questo, il giocatore gioca come al solito un risultato di dado dalla mano che deve corrispondere al risultato di dado presente in alto ad una delle sue carte nell’area progetti. Fatto questo, costruisce l’edificio/terreno e ne ottiene i benefici immediatamente ed i PV sottostanti a fine partita. Un giocatore può anche scartare una carta dalla mano per rimpinguare i suoi lavoratori/modificatori del dado o per ottenere 1 minerale. Può inoltre scartare un numero di carte lavoratore e minerale a piacere, dividerle per 3 e ottenere quell’ammontare in PV. Un giocatore può anche vendere una delle sue merci disponibili scartando un risultato del dado dalla mano corrispondente ad uno dei valori presenti sulla carta merce. Poi ottiene un minerale e la merce diventa 1 PV. Infine, in qualsiasi momento, una volta per turno, il giocatore attivo può scartare tre minerali per pescare dal mazzo comune tre carte azione ed utilizzarne una come progetto futuro, risultato del dado o per scartarla ed ottenere argento o lavoratori.
L’obiettivo comune a tutti i giocatori è quello di realizzare dei tris di edifici/terreni dello stesso colore prima degli altri, per ricevere le carte PV bonus. Il gioco dura per 5 fasi – dalla A alla E – ed in ogni fase i giocatori utilizzeranno tutte e sei le loro carte azione. Alla fine del gioco, sommati i PV ottenuti durante la partita, verrà decretato il vincitore.

Considerazioni finali

Prima le cose brutte o prima quelle belle? Nel dubbio, iniziamo da quelle brutte. Rispetto al predecessore, questo cardgame pecca principalmente nel suo essere la copia meno accattivante. A livello grafico ad esempio, con delle carte minuscole che per quanto funzionali, trovo poco intuitive. A livello di meccaniche: se difatti nella versione da tavolo c’è molta più strategia nel posizionare sulla propria scheda le tessere esagonali, qui si tratta esclusivamente di fare dei tris colorati, in qualsiasi ordine si voglia. La fortuna è mitigata come nell’originale dai lavoratori/modificatori del dado ma mentre nel predecessore la varietà delle tessere viene determinata dal numero di giocatori e dai simboli sulla plancia, qui la randomicità delle carte che riempiono il display (che se non mescolate bene possono bloccare molto la strategia) fa saltare i nervi talvolta. Come già detto inoltre, lo spazio che occupa il gioco è persino maggiore della sua versione da tavolo e perciò non si colloca fra i filler giocabili sul tavolino di un bar, quanto piuttosto fra i giochi da un’oretta e mezzo che richiedono un discreto setup. Considerato anche che non è un titolo così rapido da spiegare, sopratutto per via dei differenti effetti delle carte azione, non è per nulla consigliato a chi cerca una versione ‘leggera’ di Burgundy. Se dovessi scegliere se proporre la versione da tavolo o quella di carte, opterei sempre per la prima. A che serve quindi acquistare questa versione card game? A NULL…ahem, una sua funzione utile ce l’ha. E’ un ottimo e per nulla semplice solitario. Il gioco difatti propone delle regole per sfidare un Bot di nome Aaron che ho rinominato Mario, lo sfidante del Solitario. Aaron (o Mario se vi sembra più umano) riceve 5 mazzetti random di carte azione che ogni Fase si trasformeranno nei suoi edifici/terreni costruiti. Peccato che ogni mazzo sia costituito da sempre più carte! 3 nella prima fase, 4 nella seconda e così via, sino alle 7 carte della quinta Fase E. Ad ogni fine fase, dovrete confrontare i vostri PV con quelli di MarioAaron. Dato che quest’ultimo ama vincere facile mentre voi dovrete sudare come se giocaste in una sauna, finirete per ricominciare più volte la partita nel tentativo di batterlo. Ecco perchè – se amate i solitari e ne volete uno di buon livello – dovreste acquistare The Castles of Burgundy Card Game. E’ l’unico motivo per farlo. Altrimenti, ve lo consiglio con tutto il cuore, spendete un po’ di più e compratevi la versione da tavolo. Non ve ne pentirete affatto.
Come sempre, vi ringrazio per aver scelto The Boardgame.
Alla prossima recensione!

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5 Boardgames che dovresti giocare (e collezionare)

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Nonostante la prolifica industria dei giochi da tavolo sembri non esaurire mai le proprie risorse (e non parlo di legno e pietra) e sia sempre pronta a sfornare giochi d’ogni genere e tematica, esistono dei titoli destinati a rimanere immortali, a dispetto della loro età. Oggi vorrei quindi parlarvi di cinque giochi che – a mio modesto parere – dovrebbero essere giocati e rigiocati da ogni gamer che si rispetti. Cinque monoliti diversi fra loro ma simili per molti aspetti: rigiocabilità, originalità e scalabilità. Sono questi tre i principali criteri in base ai quali ho selezionato i titoli che desidero proporvi. Per chi non fosse edotto su questi tre criteri, spenderò due righe per spiegarli. Rigiocabilità: termine con cui si definisce un gioco da tavolo capace di offrire un’esperienza di gioco longeva nonostante le numerose partite giocate. Originalità: termine con cui si riconosce ad un gioco un’innovazione nelle tematiche o nelle meccaniche rispetto al trend generale. Scalabilità: termine con cui si definisce la capacità intrinseca di un gioco di garantire un livello di sfida sufficientemente alto e stabile all’aumentare o diminuire dei giocatori previsti.

Detto questo, inizio a presentarvi i titoli che ho scelto, partendo dal quinto e terminando con il primo posto.

5 – 7 Wonders

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La nascita e la civilizzazione di antiche civiltà in un rapido gioco di carte. Questo è ciò che, in sintesi, ci offre 7 Wonders, geniale boardgame ideato da Antoine Bauza. Perchè ho scelto questo gioco nella mia breve lista? Il gioco in questione prevede da 3 a 7 giocatori ed effettivamente garantisce un’ottima esperienza di gioco con qualsiasi numero di giocatori al tavolo. La rigiocabilità è garantita dalle infinite possibili combinazioni di carte che potrete sperimentare – fortuna permettendo – durante ogni vostra partita. L’originalità, che anche qui perde punti a causa di una tematica poco originale, risiede quasi totalmente nelle meccaniche di gioco e nella capacità di far sedere 7 giocatori ad un tavolo garantendo profondità (quanto basta) ed una durata della partita sorprendentemente contenuta.

4 – Troyes

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In questo titolo, che abbiamo avuto già modo di recensire , i giocatori devono amministrare ed influenzare le risorse e gli abitanti della cittadina medievale di Troyes. Questo german di medio-alto livello di difficoltà, garantisce un’esperienza di gioco valida con 2,3 o 4 giocatori. Per quanto riguarda la rigiocabilità, Troyes non delude: grazie difatti alle numerose carte attività, i ruoli, gli eventi e l’aleatorietà dei dadi, nessuna partita finisce per esser identica alla precedente. Riguardo l’originalità, come Dominion utilizza un’ambientazione medievale, magistralmente ricreata a livello grafico e tematico ma pur sempre riciclata da milioni di altri titoli. Nonostante l’essenzialità dei materiali, questo titolo spesso spaventa i boardgamers per la sua complessità e per l’essere un vero e proprio ‘spaccacervelli’.

3 – Seasons

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In questo atipico boardgame, giocabile da 2 a 4 giocatori, i giocatori si affrontano in una sfida magica della durata di tre anni per decretare chi fra loro sia il miglior evocatore del reame. Il gioco offre una buona scalabilità, incrementando di poco la durata della partita all’aumentare dei giocatori. La rigiocabilità è preservata dall’ingente quantità di carte e dai diversi livelli di difficoltà selezionabili. L’originalità è ottima sia a livello tematico/grafico (i materiali sono stupendi, la grafica elegante ed i personaggi e gli oggetti son stati creati da zero) che sul versante delle meccaniche (non esiste un gioco simile a Seasons). Forse il terzo posto è anche riduttivo per un titolo del suo calibro.

2 – Race for the Galaxy

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Tomas Lehmann, affascinato dalle meccaniche di Puerto Rico, le prese in prestito e le condusse nello spazio nel lontano 2007. Ad oggi, il suo Race for the Galaxy, è ancora un magnifico gioiello insuperabile. In questo particolare caso, la scalabilità – da 2 a 4 giocatori- è ottima, anche se il gioco presenta una modifica sostanziale all’esperienza di gioco quando lo si gioca in 2. La rigiocabilità è superlativa: è praticamente impossibile fare una sola partita identica ad una precedente, se non dopo averlo giocato almeno un duecentinaio di volte. L’originalità qui non emerge nè nelle meccaniche (dato che sono un adattamento di quelle di Puerto Rico) nè nella tematica (lo spazio…). Vero è che la simbologia presente sulle carte è così pratica e innovativa (una volta superata la faticosa sessione di decifrazione) che bisogna rendere merito – almeno di questo – all’autore.

1 – Stone Age

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Ed eccoci giunti al primo posto. Molti di voi storceranno sicuramente il naso nel vedere il titolo che ho scelto come primo della lista. Ci sarà di sicuro chi si aspettava un Agricola o un Twilight Struggle e invece si ritrova Stone Age. Nel mio soggettivo parere, questo boardgame gestionale ideato da Michael Tummelhofer, ha tutte le caratteristiche per essere il boardgame per tutti. L’originalità nelle meccaniche e nella tematica è davvero ottima: di giochi sulle tribù primitive non ve ne sono molti e di validi ed il sistema a piazzamento di lavoratori combinato con il tiro di dadi e l’acquisto di carte non ha granchè eguali. La rigiocabilità è davvero eccezionale. La randomicità delle carte, unita a quella delle capanne offre sempre sfide diverse e non annoia mai, nonostante non siano molte nè le carte nè le capanne. La scalabilità è ben calibrata con delle modifiche alle meccaniche di gioco in base al numero di giocatori. Le partite a due sono molto tese e scacchistiche, mentre in 3 o 4 la durata aumenta di poco ma il clima è più disteso. Non vi deluderà. Qui la recensione completa.

T.i.m.e Stories | Recensione

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La domanda fondamentale che ci porremo ed a cui risponderemo oggi è la seguente: è possibile ricreare un’avventura grafica – simile ad un videogame – in un gioco da tavolo?
T.I.M.E Stories risponde affermativamente a questa domanda. Prodotto dalla Space Cowboys e tradotto dalla Asterion Games in Italia, è un boardgame non convenzionale che ospita fino a 2-4 giocatori e li riporta indietro nel tempo, nel manicomio dov’è ambientata la prima ed unica storia contenuta nella scatola base. Vediamo nel dettaglio la componenstistica e le meccaniche di gioco in questa breve recensione.

I materiali

Se c’è un aspetto che salta all’occhio osservando la scatola di T.S. (abbrevio per comodità), è il suo candore immacolato che al primo impatto mi ha ricordato Portal (il videogame della Valve). D’altro canto, il minimalismo della copertina non rende affatto giustizia alla profondità del gioco. Una volta sollevato il coperchio, l’intonaco prosegue anche negli interni ed in quasi tutti i componenti di gioco, fatta eccezione per le carte ed i segnalini che grazie al cielo hanno deciso di colorare. Nel complesso non è una brutta idea rendere tutto così candido, in stile sanitario appena acquistato e nonostante non mi faccia impazzire non me la sento di giudicarlo troppo male. Sorvolando la fiera del bianco, devo ammettere che la fattura dei componenti è davvero ottima: legno, cartoncino, le carte oversized magistralmente illustrate ed i dadi personalizzati. Nulla è lasciato al caso.
L’interno della scatola contiene perfettamente tutti i materiali di gioco: ogni cosa ha il suo posto ed anche se dovessimo accidentalmente capovolgere la scatola, tutto resterebbe in ordine. Un elemento davvero unico di questo gioco è che l’interno della scatola funge anche da ‘memoria per il salvataggio del gioco’. Mi spiego: è possibile che durante una partita vogliate interromperla ma non lasciare tutto piazzato sul tavolo. Gli autori di T.S. hanno pensato bene che, posizionando i materiali di gioco usati durante una partita in determinati vani, il giocatore potesse poi recuperarli continuando la partita dall’ultima mossa. Effettivamente è un’aggiunta assai comoda che mi ha convinto e che ho utilizzato un paio di volte. Un’altra particolarità è che il mazzo di carte che vi viene fornito, contendo l’intera storia (misteri e indizi compresi), non potrà essere analizzato prima dell’inizio della partita, pena il rovinarsi l’esperienza di gioco. Per comodità, ogni ‘ambiente’ del gioco, ricreato con le carte, è comodamente coperto da carte neutre col nome del mini-mazzo di appartenenza. Ogni carta è poi numerata progressivamente sul dorso, al fine di aiutare il giocatore a riordinare il mazzo senza spoilerarsi nulla.
Detto questo procediamo con l’analisi della meccanica di gioco.

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Le meccaniche

In T.S. ogni giocatore è un agente temporale che viene sincronizzato, durante la partita, con un personaggio appartenente al passato. L’obiettivo è infatti quello di risolvere dei misteriosi casi avvenuti in periodi storici più o meno remoti, utilizzando il punto di vista ed il corpo di un essere vivente di quel periodo. I giocatori infatti, ad inizio partita, scelgono uno dei personaggi disponibili con cui sincronizzarsi temporalmente. Nella scatola base è presente un discreto set di personaggi legati alla missione “Asylum”, ambientata in un manicomio negli anni 20′. Una volta che la missione avrà inizio, tutti i giocatori avranno a disposizione un ammontare di Unità Temporali, l’orologio di gioco nonchè la durata della sincronizzazione con i personaggi del passato. Le Unità Temporali possono essere perse a causa di spiacevoli eventi o utilizzate dai giocatori per compiere azioni. All’inizio della partita, i giocatori si ritrovano dentro il primo ambiente della storia: il salotto del manicomio. Ecco come appare questo ambiente sul tabellone, una volta disposte le carte ordinatamente:

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Le carte identificano i diversi spazi su cui è possibile posizionare il proprio token personaggio durante un Unità Temporale. Se avete mai giocato a videogames Punta e Clicca, sicuramente vi sembrerà una meccanica familiare. Nell’immagine, se io mettessi il mio personaggio sulla carta dell’infermiera a sinistra, successivamente risolverei l’azione a lei assegnata (scritta sul retro della carta). Per i giocatori è dunque possibile esplorare il manicomio muovendosi in gruppo di stanza in stanza (rivelando così gli scenari con le carte), oppure soffermarsi ad interagire con gli elementi/personaggi di una singola stanza. Ovviamente, lo scopo del gioco è celato all’interno delle carte e fra gli inizi forniti da esse, quindi eviterò del tutto di farvi menzione.
Parlerò tuttavia dei modi di interagire più utilizzati dai giocatori. Si passa da test sulle caratteristiche del personaggio scelto – proprio come in un Gioco di Ruolo – a rompicapi, puzzle e interazioni puramente vocali con gli ospiti del manicomio. La cosa interessante è che spesso ci si dovrà muovere molto per capire dov’è il caso di indagare prima ma parallelamente si rischierà di perdere troppe Unità Temporali vagando di stanza in stanza senza una traccia. Qui entra in gioco il fattore puramente umano: i giocatori finiranno per confrontarsi spendendo Minuti di Tempo Reale (si, parlo del nostro sistema temporale), discutendo sulle strategie da adottare. E’ in questi momenti che escono le classiche situazioni da film d’avventura: “Ci dividiamo?”, “Io prendo lui e tu leghi lei”, “Lo sapevo che era stato lui!”, “Restiamo in gruppo per avere più speranze di vincere”, e cose così. Il tutto genera un’atmosfera di totale immersione nella storia: il giocatore che parla dell’agente temporale che si sincronizza con il personaggio del manicomio! Una struttura a matrioska impressionate, che supera qualsiasi livello ottenibile da un Gdr classico.
Infine, parlando dei finali – che non rivelerò ovviamente – ce ne sono diversi, sia che vinciate, sia che perdiate la partita. Tutto sommato, questo è un’aspetto che salva il gioco da alcune critiche che mi sento tuttavia in dovere di fare.

Considerazioni finali

Ebbene si, nonostante questo sia un titolo che ha totalmente mandato in visibilio giocatori di tutto il mondo, di critiche da fargli ce ne sono. Procediamo con ordine:

  1. I creatori del gioco hanno realizzato questo piccolo gioiello che di sicuro ha un immenso potenziale ed ha tutte le carte in regola per essere un sistema di successo per integrare videogames e gdr nel formato gioco da tavolo. Tuttavia, con il prezzo della scatola base – che ammetto comprende comunque un’ottima componentistica di valore – ci rifilano una sola storia. Ma come, si chiama Time Stories al plurale e ce ne date solo una? Ironia a parte, è incredibile come, una volta giocata per intero la storia sia praticamente inutile ripeterla di nuovo. Pur volendo cambiare giocatori attorno al tavolo, vi annoiereste a morte poichè saprete esattamente dove trovare cosa e dove andare prima. Il che può generare due problemi ugualmente fastidiosi: o rovinate la partita ai novizi oppure vi annichilirete osservando passivamente la partita. Longevità del gioco: 2. Poi, se volete spendere altri trenta euro per comprarvi un altro mazzetto avventura, siete i benvenuti ma dato il costo, personalmene me lo risparmierei. Se avete invece voglia di investire in questi mazzi d’espansione, sappiate che ce ne sono già diversi sul mercato e che dai titoli e le ambientazioni sembrano comunque interessanti. Ad un terzo del prezzo li avrei presi anch’io.
  2. Molti possono apprezzare l’intensa esperienza one-shot garantita dal set base ma non riesco a capacitarmi di come il gioco abbia spiccato il volo su BGG e sia finito al 26esimo posto in classifica. Io apprezzo la freschezza delle meccaniche e la bellezza dei materiali ma non mi sognerei mai di sopravvalutare un gioco che una volta giocato due volte ho dovuto riporre definitivamente nel dimenticatoio. Pareri soggettivi? Forse.
  3. L’eccessiva quantità di testo nelle carte, lo rende davvero uno storytelling game e il che può piacere o meno. Molti apprezzano la profondità narrativa nei giochi mentre per altri è solo una fastidiosa scocciatura dover star sempre a leggere. Se avete compagnie che non conoscono l’inglese inoltre, sarete costretti a prendere il gioco in italiano, poichè la dipendenza linguistica è totale.
  4. Gli aspetti positivi li ho già menzionati nella prima parte della recensione ma vorrei ribadire quanto, nonostante le sopracitate critiche, questo sia un gioco che chiunque dovrebbe provare almeno una volta (tranquilli, tanto basta quella!). Può essere apprezzato da diverse categorie di boardgamer e non boardgamer e probabilmente può rappresentare un buon introduttivo per avvicinare i vostri amici videogamers al mondo dei giochi da tavolo.

La recensione si chiude qui ed io vi dò appuntamento alla prossima.
Grazie per aver scelto The Boardgame.

 

Troyes | Recensione

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La recensione di oggi è dedicata ad un grande classico, apprezzatissimo dagli appassionati di german. Sto parlando di Troyes, un boardgame gestionale ambientato nel Medioevo, edito dalla casa belga Pearl Games. I tre autori di questo titolo, sono riusciti a mescolare magistralmente meccaniche di worker-placement con azioni legate all’utilizzo di dadi. Il risultato? Un valido ed originale boardgame per giocatori esperti. Ma vediamo nel dettaglio la componentistica e le meccaniche.

I materiali

Tralasciando l’ovvio elogio dell’illustrazione sulla copertina – evocativa ed in puro stile medievale – all’interno della scatola troviamo una buona quantità e assortimento di materiali. Partiamo dalle carte, illustrate nel medesimo stile della copertina e di ottima fattura. Su molte di esse è raffigurato un personaggio o lavoratore medievale, mentre sulle carte evento sono presenti esclusivamente simboli di gioco, funzionali ma veramente anti-estetici rispetto alla cura e bellezza delle altre carte. Parlando della plancia, dov’è riprodotta la città di Troyes circondata dalle sue mura, si può tranquillamente definirla in linea con gli standard di qualità di molti giochi simili. Completano la lista dei materiali di gioco: i set di dadi (D6) in quattro differenti colori, meeple e cubetti in legno di buona fattura, un foglio di counters contenente i punti vittoria ed i soldi in cartoncino, delle bustine in plastica per suddividere ed organizare i componenti ed infine il regolamento ed il foglio di riepilogo dove vengono spiegate tutte le carte ed i personaggi del gioco.

Le meccaniche

Devo ammettere, prima di parlarvi delle meccaniche, che Troyes non è affatto un gioco che si può definire immediato. Ci vuole un po’ per assimilare i differenti aspetti del gioco ed i suoi misteriosi e per nulla intuitivi simboli. Non è dunque un titolo da proporre a giocatori alle prime armi o alla ricerca di un gioco leggero per passare la serata in maniera spensierata. Detto questo, possiamo varcare il cancello d’ingresso e scoprire Troyes.
All’inizio della partita, ogni giocatore avrà un set di Meeple e cubetti in un colore a scelta, cinque soldi e quattro punti influenza di partenza, un gettone da posizionare in un quartiere al centro della plancia ed una carta ruolo da tenere sergreta. Questa carta contiene dei moltiplicatori che permetteranno a tutti i giocatori di ottenere punti vittoria addizionali.
Nel primo turno, i giocatori dovranno inserire i propri Meeple nei tre edifici disponibili in città: il Palazzo (Rosso), Municipio (Giallo) o Vescovado (Bianco). Questo piazzamento iniziale è fondamentale poichè per ogni vostro meeple all’interno di uno di questi edifici, tirerete un dado azione del colore corrispondente. Ad esempio: avendo due meeple nel Municipio, uno nel Palazzo e uno nel Vescovado, il giocatore riceverà due dadi gialli, uno rosso e uno bianco da tirare. Una volta tirati i propri dadi, ogni giocatore li disporrà nel proprio quartiere (spicchio della piazza centrale). Ogni turno, prima che i giocatori scelgano le proprie azioni, delle nuove carte evento saranno aggiunte in fondo alla plancia. Il primo giocatore dovrà rivelare il nuovo evento, risolvere eventuali effetti one-shot e contare il numero dei dadi neri da tirare. Questi dadi rappresentano le minacce esterne alla città che i giocatori devono contrastare a partire dal primo giocatore. Quest’ultimo, una volta ordinati i risultati ottenuti in ordine decrescente, dovrà contrastare uno o più dadi – a partire da quello col valore maggiore – utilizzando i dadi nel proprio quartiere. Per contrastare, sarà sufficiente sommare il risultato di uno o più dadi in modo da raggiungere il valore del dado nero più alto. Ad assistere i giocatori in questa frustrante battaglia iniziale ci saranno i dadi rossi, il cui valore in questa fase è raddoppiato. Ogni dado contrastato conferirà un punto influenza al primo giocatore. Eventuali dadi rimasti dovranno esser contrastati dal secondo giocatore e così via. Chi non può contrastare i dadi neri, perde due punti vittoria. Passata questa fase, i giocatori dovranno pagare gli stipendi ai propri lavoratori/meeple nel vescovado (1 soldo) e nel palazzo (2 soldi). Considerato che ogni turno ogni giocatore riceve un introito fisso di 10 soldi, questa tassazione non è così pesante. Finalmente si arriva alla fase delle azioni: in questa fase, ogni giocatore esegue un’azione o passa. Se passa, ottiene due soldi che mette nel proprio quartiere ed ogni volta che il turno torna a lui, riceve un soldo aggiuntivo (ma è obbligato a passare). Se decide di intraprendere azioni, ha due opzioni iniziali: usare uno o più dei propri dadi o acquistare uno o più dadi dai quartieri di altri giocatori. Se il giocatore sceglie di utilizzare i propri dadi, può scegliere un colore ed uno o più dadi dello stesso colore ed allocarli su una delle azioni disponibili per quel colore. Il rosso permette di combattere le carte evento; consente di utilizzare le carte attività rosse; permette inoltre di piazzare un proprio meeple dentro il Palazzo. Il giallo consente di utilizzare le carte attività gialle; permette il piazzamento dei meeple nel Municipio; consente inoltre di combattere le carte evento o sfruttare il campo di grano. Il bianco infine, consente di ulitizzare le carte attività bianche; permette l’inserimento di meeple nel Vescovado; consente di fronteggiare alcune carte evento o costruire i livelli della cattedrale di Troyes. Le carte azioni sono variegate, molteplici e non tutte saranno utilizzate in ogni partita (solo 3 per colore). Il piazzare meeple negli edifici garantisce un maggior numero di dadi nei turni successivi, sottraendoli agli avversari. Eliminare le carte evento infine garantisce punti vittoria e influenza oltre a diminuire l’ammontare di dadi neri tirati ogni turno.
Quando un giocatore decide di utilizzare i dadi avversari, deve necessariamente pagarli. Questi dadi costeranno due soldi in più se faranno parte di una coppia dello stesso colore o un tris dello stesso colore. Ad esempio: Mario ha bisogno di un dado giallo e può comprarlo da Antonio che ha tre gialli nel suo quartiere (un 6, un 2 ed un 1) o da Gianni, che ha due dadi gialli nel suo quartiere (un 5 ed un 2). Se prendesse il 6 da Antonio, lo pagherebbe 6 soldi, poichè facente parte di un tris di dadi gialli. Se prendesse il 5 da Gianni, lo pagherebbe solo 4, poichè facente parte di una coppia di dadi gialli. Questo ottimo sistema bilancia sia i dislivelli economici fra giocatori che la sfortuna di avere pochi dadi in proprio possesso durante un turno. Più utilizzo dadi altrui e più devo spendere soldi; più gli altri acquistano e mi tolgono dadi, più mi pagheranno. Ovviamente qui c’è gran parte della strategia di gioco ed è forse il momento in cui il gioco può rallentare di più.
Dopo che ogni giocatore avrà svolto le azioni necessarie o avrà passato, il turno avrà termine. Il gioco si concluderà al termine del mazzo di carte evento rosse ed i punti vittoria saranno calcolati sommando: punti dovuti a carte attività utilizzate durante la partita; punti ottenuti costruendo la cattedrale; malus derivanti dal non aver partecipato alla costruzione della cattedrale; punti derivanti dalle carte evento risolte e non risolte; ruoli segreti di ogni giocatore. Come al solito, chi avrà totalizzato più punti vittoria sarà decretato il miglior amministratore di Troyes.

Considerazioni finali

Troyes è sicuramente un titolo di grande spessore. Longevo, competitivo, articolato e profondo, ha la stoffa del classico. Ovviamente, per le sopracitate motivazioni, non è così semplice da avvicinare. Durante una partita è necessaria una gran bella dose di ragionamento al fine di scegliere consapevolmente le proprie azioni. E’ necessario bilanciare le proprie risorse (soldi e influenza), agire con tempismo per accaparrarsi le carte azione più utili e con più punti vittoria, selezionare il giusto ammontare di dadi propri ed altrui da utilizzare e non per ultimo, cercare di perseguire l’obiettivo della propria carta ruolo bluffando nei limiti del possibile.
I materiali sono ottimi, la grafica – almeno per me – è fantastica ed il rapporto qualità prezzo è buono. Il gioco scala bene in quattro, tre o due giocatori e la durata media di una partita va da un’ora e mezzo/due in quattro, fino ai tre quarti d’ora in due giocatori.
Se siete alla ricerca di qualcosa che stuzzichi il vostro appetito di giocatori esigenti, Troyes fa per voi. Se siete nuovi nell’universo dei giochi gestionali, vi consiglio di partire con altri titoli (Puerto Rico o Stone Age ad esempio ) e tornare su Troyes successivamente.
Per coloro interessati alla dipendenza del gioco dalla lingua, sappiate che è totalmente indipendente da lingua, fatta eccezione per il regolamento.

Voto: 8