Inis | Recensione

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Oggi parleremo di un titolo che – per la qualità dei materiali e le coloratissime e fiabesche illustrazioni – ha subito catturato l’attenzione di molti boardgamers, me incluso. Si tratta di Inis, prodotto dalla francese Matagot e tradotto in inglese dalla Asmodee. Attualmente non esiste una versione italiana ma non penso tarderà ad arrivare. Essenzialmente si tratta di un gioco ambientato in un’Irlanda incontaminata, dove sono stanziate alcune tribù di guerrieri. Ogni giocatore controllerà alcune di queste tribù e proverà – in maniera pacifica o mediante sanguinolenti scontri – ad estendersi in più territori possibile della regione, sottomettendo le tribù avversarie. Tecnicamente parlando, è un gioco di maggioranze ben ambientato, colmo di infamate e davvero poco controllabile. Ma vediamo nel dettaglio la componentistica e le meccaniche di gioco.

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I Materiali

In una scatola decisamente grande (e forse anche troppo), illustrata magistralmente, troviamo un’ottimo assortimento di materiali differenti. Tuttavia, pur essendoci una grande varietà e quantità di materiali, la qualità per alcuni di essi non eccelle. Le tessere territorio, che ricordano molto una foglia di acero, sono di ottima fattura e ben resistenti anche se talvolta non si incastrano a dovere l’una con l’altra. Le miniature, in quattro colori differenti, pur rappresentando tutte lo stesso soggetto (una tribù), sono diversificate fra di loro e questo è un aspetto che ho apprezzato. Fantastiche le miniature dei santuari, delle cittadelle e della capitale, molto evocative e dettagliate. Parlando delle carte invece, vero cuore del gioco, devo purtroppo toccare un tasto dolente. Le illustrazioni ed il layout sono bellissimi e su questo non avevo dubbi. Ognuna di esse sembra la copertina di un disco folk o progressive rock. Ma la qualità è davvero pessima. Per prima cosa sono oversized, come quelle di Dixit ma più larghe. Il che rende difficile trovare bustine economiche e adatte per proteggerle. Inoltre, bisognerebbe davvero proteggerle perchè sono più fine della copertina del libro più economico che avete e tendono a piegarsi e ad ovalizzarsi in men che non si dica. Considerato poi che il gioco si basa sul draft e l’utilizzo di queste carte, capite bene che dopo un paio di partite non rimarrà molto di queste carte. Inis è un prodotto di prezzo medio-alto, quindi non posso giustificare assolutamente questa mancanza, che a mio avviso fa perdere molti punti al gioco. Completano i materiali un regolamento a colori ben illustrato e chiaro (tranne che per le condizioni di vittoria) e dei token semplici e funzionali.

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Le Meccaniche

Inis è un boardgame che prevede dai due ai quattro giocatori ma a parer mio rende di più se giocato con il massimo dei players, perciò vi parlerò di una partita in quattro. Il setup prevede un piazzamento iniziale di quattro tessere territorio prese a caso dalla pila ed il piazzamento di due tribù per ogni giocatore in alcuni di questi quattro territori iniziali. Il primo giocatore, detto Brenn, dovrà anche piazzare la miniatura della  capitale su un territorio a sua scelta. La capitale è importantissima poichè chiunque riuscirà a mantenere la maggioranza di tribù nel territorio con la capitale, otterrà il gettone primo giocatore. Il Brenn dovrà distribuire quattro carte Azione (verdi) ad ogni giocatore. Queste carte possono essere essenzialmente di due tipi: Season e Triskel. Le Season cards sono le carte che un giocatore gioca nel suo turno per eseguire un’azione; le Triskel cards sono carte reazione che si giocano solo in risposta e solo in una determinata fase di gioco. Dopo aver ricevuto le carte, i giocatori si cimentano in un draft: scelgono una delle quattro carte iniziali e passano tre carte in senso orario o antiorario (in base alla faccia sul gettone Flock tirato dal Brenn). Delle tre carte ricevute, ne scelgono una e passano le altre due. Le due ricevute devono essere unite alle due precedentemente scelte, e fra queste quattro se ne deve scartare una. Finito il draft, ha inizio la fase Season in cui a turno, partendo dal Brenn, ogni giocatore sceglie se giocare una carta Azione Season, se Passare o se Prendere un Pretender Token. Quest’ultimo è necessario per vincere la partita ed è simile ad un biglietto per la vittoria. Quando un giocatore è certo di soddisfare almeno una delle tre possibili condizioni di vittoria, prende un Pretender token. All’inizio del nuovo turno, prima del draft, ci sarà una fase di check delle condizioni di vittoria. Se un giocatore possiede un Pretender token e soddisfa almeno una delle condizioni di vittoria, allora sarà decretato vincitore. Non possedere un Pretender token pur possedendo i requisiti per vincere, non vi condurrà alla vittoria. Tornando alle altre azioni, il giocatore può quindi giocare una carta dalla mano. Solitamente le Season cards permettono di svolgere un limitato numero di azioni: muovere tribù in zone adicenti, piazzare nuove tribù, piazzare cittadelle o santuari, sostituire tribù altrui con proprie tribù o inizare un clash. Il clash è lo scontro fra tribù, uno degli aspetti che – fra noi giocatori al tavolo – abbiamo trovato meno accattivante. In sostanza, un giocatore si dichiara aggressore e sceglie un territorio in cui è presente dove avrà inizio il clash. I giocatori aggrediti che possiedono tribù nel territorio, hanno la possibilità di proteggere una delle loro tribù dentro una cittadella (a patto che ce ne siano nel territorio in cui avviene il clash). Dopodichè, l’aggressore può Attaccare: deve scegliere un avversario ed obbligarlo ad eliminare una tribù o a scartare una carta dalla mano (a discrezione della vittima dell’aggressione). In ordine di turno, tutti i presenti nel territorio hanno l’occasione di Attaccare (come sopra), Ritirarsi verso un territorio adiacendente in cui si ha la maggioranza oppure Giocare una Epic Tale Card. E’ anche possibile accordarsi per interrompere il clash se tutte le parti coinvolte approvano. L’obiettivo del clash è quindi quello di eliminare le tribù degli avversari da un territorio o perlomeno ridurre le capacità d’azione degli avversari. Ho menzionato sopra le Epic Tale Cards: sono carte molto forti che garantiscono al giocatore un favore da un eroe o da una divinità mitica. L’altro tipo di carte che non ho menzionato sono le Priviledge: sono carte che si ottengono quando si ha la maggioranza in un territorio. Ogni territorio è legato ad una Priviledge card che ne porta il nome. Queste carte sono riassegnate ogni turno in base alle maggioranze ma quando un giocatore la ottiene, la può tenere in mano finchè non decide di usarla, anche se la maggioranza – nel territorio collegato a quella carta – è nel frattempo decaduta.
Quando tutti i giocatori passano consecutivamente nella fase Season, quest’ultima ha termine ed un nuovo turno ha inizio. All’inizio del turno, il Brenn viene riassegnato, si controllano le condizioni di vittoria di coloro che possiedono un Pretender token, ed un nuovo draft ha inizio. Per vincere la partita, il giocatore ha tre possibilità:

  1. Essere presente con le proprie tribù in almeno 6 territori
  2. Avere la maggioranza in uno o più territori dove sono presenti (in totale) almeno 6 tribù avversarie.
  3. Essere presenti in territori in cui sono presenti almeno 6 santuari.

Anche se ad un primo sguardo sembrano semplici da soddisfare, ci vuole molto prima di arrivare a soddisfarne anche solo una di queste.

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Considerazioni finali

Inis non mi ha sorpreso. Preso dall’hype pensavo si sarebbe rivelato un grande gioco e forse le mie aspettative erano irragionevolmente eccessive. Grafica pazzesca, materiali ottimi (tranne le carte), un regolamento scorrevole. Invece, quando ho iniziato a giocarci, mi son reso conto che non c’era nulla di nuovo sul fronte occidentale. Ho giocato a diversi titoli che si basano sulle maggioranze: Discworld, The King is Dead, A study in Emerald, El Grande. Ognuno di questi mi ha affascinato a modo suo pur ricorrendo ad una meccanica abusatissima. Inis mi ha lasciato alquanto neutro. La casualità delle carte, seppur mitigata dal draft, non consente grandi combo o mosse così accattivanti. La mobilità delle tribù è veramente limitata, le battaglie (clash) non sono così vantaggiose come può sembrare ed è spesso più semplice ingrassare e dominare su un paio di territori piuttosto che tentare di inserirsi in quelli altrui. C’è una buona dose di cattiverie che può portare a quei due minuti di rosicata potente ma nel complesso il gioco risulta molto statico. La dipendenza dalla lingua è molto alta, quindi se non sapete o non digerite l’inglese statene lontani; la rigiocabilità è buona ma penso che nonostante la varietà delle carte a stancare può essere la meccanica stessa. La durata proposta dalla scatola è irrealistica: ci vogliono almeno un paio d’orette in quattro (escluso il setup e la spiegazione), mentre sulla scatola parla di 60 minuti! Non mi sento di consigliarlo a qualcuno in particolare: non è un wargame se cercate un gioco di pur conflitto; non è un german, e l’alea è più che presente; non è un introduttivo, poichè presenta diversi aspetti non semplici da digerire per un neofita; non è un gioco per chi è facilmente irritabile, per cui mi sento al massimo di sconsigliarlo a questo tipo di persone. Il rapporto qualità prezzo non è così vantaggioso. Capisco che fra carte, scatola, miniature e tessere si superino i 50 euro ma la qualità dell’esperienza ludica garantita non penso valga quei soldi.
Se amate l’irlanda, la mitologia, i giochi graficamente impeccabili, le miniature e non avete grandi pretese o gusti in fatto di giochi da tavolo, allora potete anche prendere una copia di Inis senza rimanere delusi.

Grazie per aver letto la recensione, alla prossima!

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